Caso Farmacia, l’avvocato Terranova: “L’iter inizia adesso: aspettiamo altre denunce”

Caso Farmacia, l’avvocato Terranova: “L’iter inizia adesso: aspettiamo altre denunce”

CATANIA – Il caso Farmacia e il cosiddetto “laboratorio dei veleni” continuano a tenere banco e la richiesta dell’avvocato Santi Terranova, uno dei legali delle parti civili, nel corso di una conferenza stampa tenuta questo pomeriggio è quella di denunciare.

“Chiunque abbia frequentato quei locali e quei laboratori – spiega il legale – e abbia avuto dei problemi deve uscire allo scoperto. Molti per timore di mettersi contro l’università non l’hanno fatto”.

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La vicenda processuale si è al momento conclusa con un’assoluzione ma quello che conta per i legali delle parti civili è la lettura attenta delle motivazioni della sentenza dei giudici.

“I giudici dicono – spiega Santi Terranova – che tutto quello che abbiamo detto noi non sono fesserie. Hanno affermato che il memoriale di Emanuele Patané è una testimonianza a tutti gli effetti ed è stato confermato che dentro i laboratori si lavorava malissimo e con dabbenaggine”.

A questa sentenza di assoluzione i legali non si sono appellati e il prossimo 5 marzo si saprà se l’archiviazione chiesta dal giudice Setola per il procedimento per lesioni e omicidio colposo sarà accettata.

“Nel frattempo un’altra ricercatrice è deceduta – racconta l’avvocato Terranova – con la stessa patologia di Emanuele Patané. Si tratta di Giuseppina Pirracchio, aveva 44 anni e aveva appena aperto una farmacia a Palagonia”.

“Abbiamo intenzione di non mollare – ha proseguito – e il percorso è solo all’inizio. Vogliamo dire a tutti coloro che sono transitati dai laboratori a partire dal 1998 di uscire allo scoperto”.

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Le presunte vittime sono 17 e oltre 50 persone sono affette da patologie tumorali. La vicenda è partita dal memoriale di Emanuele Patané, un giovane ricercatore morto nel 2002 che aveva minuziosamente appuntato tutte le cattive pratiche del laboratorio di Farmacia dove tutte le sostanze venivano sversate nei lavandini.

Presente anche la signora Maria Lopes – la madre di Agata Annino, giovane ricercatrice morta appena 30enne per un tumore al cervello – che chiede giustizia per la figlia: “Mia figlia mi raccontava le stesse cose che ha scritto Emanuele Patané nel suo memoriale. Una volta la accompagnarono a casa dal laboratorio perché si era sentita male: aveva un’infiammazione alla mucose”.

“Io ho scelto di mettermi in gioco – spiega la signora – per mia figlia e per avere giustizia. Molti all’inizio mi mettevano in guardia dal mettermi contro l’università. Ma la mia battaglia prosegue affinché quello che è successo a mia figlia e a tanti altri non accada mai più a nessuno”.