Fumo e Coronavirus. Quando smettere diventa un’arma contro il virus: fumatori casi più gravi

Fumo e Coronavirus. Quando smettere diventa un’arma contro il virus: fumatori casi più gravi

I metodi di protezione preventiva dal Coronavirus ormai sono (o almeno dovrebbero) essere noti a tutti. Dall’uso delle mascherine al distanziamento sociale, dal lavarsi spesso le mani alle uscite solo per necessità. Tra i tanti suggerimenti però, spicca quello rivolto a una ben precisa categoria di persone, molto numerosa soprattutto in Italia, i fumatori. Premesso che sarebbe meglio non fare uso di sigarette e tabacchi nella vita di ogni giorno, in tempi di Coronavirus questo consiglio dovrebbe essere applicato in maniera più decisa.

Infatti, secondo uno studio condotto dalla British Columbia University e dal St. Paul’s Hospital di Vancouver, in Canada, il fumo di sigaretta è correlato a forme più gravi di Covid-19. La ricerca avrebbe osservato come i fumatori e coloro i quali soffrono di broncopneuomopatia cronica ostruttiva (malattia strettamente collegata al fumo) presenterebbero livelli più alti di ACE-2.

Quest’ultima sarebbe una molecola riconosciuta in studi precedenti come un punto d’accesso che consente a Sars-CoV-2 di entrare nelle cellule polmonari e causare l’infezione. Una sorta di “corsia preferenziale” per il virus.

Il nuovo studio però non allarma più di tanto gli ex fumatori. Chi ha già deciso di smettere avrebbe dei livelli di ACE-2 nettamente più bassi rispetto a chi non è ancora riuscito o chi non ne vuole sapere di dare un taglio al consumo di sigarette e tabacchi.

Inoltre, secondo alcuni studi condotti in Cina, un terzo dei fumatori positivi al Coronavirus presenterebbe, al momento del ricovero, una situazione clinica più grave dei non fumatori, con rischio più che doppio di aver bisogno di terapia intensiva e ventilazione meccanica.

Immagine di repertorio