Coronavirus, scuole chiuse e didattica a distanza: le riflessioni di una docente

Coronavirus, scuole chiuse e didattica a distanza: le riflessioni di una docente

CATANIA – “Andare a scuola, senza andare a scuola. È la necessità in cui ci siamo ritrovati, alunni e docenti della prima zona rossa dichiarata al nord dell’Emilia Romagna“: esordisce così la docente catanese ora di ruolo a Parma, Patrizia D’Amico, che, da qualche anno, insegna Materie Letterarie (Italiano e Storia) in un Istituto Tecnico Economico della città, raccontando la sua esperienza di protagonista della “didattica a distanza“, adottata dalla Scuola italiana, allorché, seguendo le direttive governative in ambito emergenza Coronavirus, ha interrotto la sua normale attività.

L’Emilia è stata fra le prime regioni che hanno sperimentato dal 24 febbraio scorso una chiusura mai avuta. Sono stati giorni di sbandamento, perché, per noi docenti, per me per prima, la scuola è un luogo fisico, il luogo educativo per eccellenza, dove ci si incontra per migliorare la società e le ‘risorse umane‘ di un Paese, una comunità viva ed educante in modo permanente – continua la professoressa – ; quello spazio in cui a crescere non sono solo gli studenti, ma anche noi docenti e dove il contatto fisico, le belle lezioni interattive, gli sguardi, le parole, gli abbracci, i saluti rassicuranti fra i corridoi, sono pane quotidiano“.

Gli stessi abbracci, sguardi, saluti affettuosi, lo stesso contatto fisico in generale – insomma -, che la quarantenasalvavita” sottrae e impedisce in questo momento di grande emergenza sanitaria, in tutti gli ambiti di vita, compresa quella familiare.

E così come avviene in qualsivoglia tipo di relazione, anche tra docente e discente viene menol’affettività ed empatia che si crea con ogni singola persona che ti viene affidata, dalla più brava e simpatica, alla più difficile da trattare, dove si sperimenta la nostra capacità di in-segnare, ossia incidere, ‘segnare‘ nella crescita, ‘imprimere‘ nella mente di ogni giovane con cui interagisci“.

Essere catapultati in una didattica a distanza, una e-learnig perpetua, non è stato un gioco da ragazzi – spiega Patrizia -. Non tanto perché non la utilizzassimo già, ma perché adesso diventava l’unica modalità possibile per entrare in contatto con gli studenti. Ho sempre usato le aule virtuali dei registri elettronici e tutta una serie di piattaforme, imparate nei mille corsi di aggiornamento che ogni anno svolgiamo per avvicinarci ai ‘nativi digitali‘, che hanno un modo di apprendere diverso da quello delle nostre generazioni, ma le video conferenze non erano le nostre modalità, dato il contatto continuo giornaliero con le classi “.

Ma la scuola ha reagito ottimamente: fra molti colleghi dell’Istituto dove insegno si è creata subito una collaborazione attiva, per cui abbiamo organizzato dei meeting virtuali e webinar per confrontarci e trasmetterci le buone pratiche, e questo ci ha aiutato nell’ottica della sinergia e della buona riuscita – continua la docente – . C’è da dire, però, che la fatica nostra e dei ragazzi è ancora tanta, perché il ritmo, i mezzi informatici e i social richiedono un grande dispendio di energia e spesso queste attività sincrone non possono essere usate da tutti gli studenti, perché il possesso dei cellulari e computer adeguati o wifi a casa non è scontato per tutti e, se la nostra scuola è quella della Costituzione, non può essere elitaria, ma deve consentire a tutti le stesse opportunità“.

In questo periodo di solitudine e di conseguente sconforto, così come si sta verificando, paradossalmente e inaspettatamente, nella quotidianità “anomala” di gran parte degli italiani, la rete internet, che prima trasmetteva “freddezza” e “asetticità“, anche nell’ambito scolastico, dice Patrizia D’Amico “ci sta aiutando nell’isolamento: è simpatico il modo in cui ci si collega con i ragazzi, spesso ancora assonnati che sorseggiano il caffè e mostrano i ‘pelosetti‘ che hanno in casa, gli interni delle abitazioni e spesso i componenti della famiglia. Ci rendiamo conto che il contatto con noi docenti, anche se è un ‘surrogato‘, è importante. I messaggi whatsapp che arrivano a tutte le ore per le rassicurazioni sul materiale da studiare o sulle verifiche online, o sugli argomenti non capiti sono importanti“.

La scuola non si può fermare – afferma Patrizia – e di fatto, come ci dice anche il movimento delle Avanguardie educative, è una questione di responsabilità educativa“.

Il tempo presente che stiamo vivendo, però, è anche un’occasione per riflettere, rallentare e contemplare. È questo un momento difficile che vive il nostro Paese, in cui i giovani per la prima volta si ritrovano a condividere uno spazio di autonomia, di relazionalità con i genitori, perché costretti a casa, e di introspezione perché non hanno più le occasioni per stare fuori con gli amici. Favoriamoli allora – conclude con tono appassionato la professoressa – suggerendo libri da leggere, piuttosto che obbligarli a stare sempre in rete. Usiamo la nostra didattica a distanza per stimolarli a scrivere le loro emozioni, cercando di affrontare i contenuti dei programmi, ma senza esagerare con i compiti e i collegamenti a distanza“.

Personalmente – dice commossa -, so che amo il mio mestiere e che la didattica a distanza è molto limitata. A me manca tutto dei miei studenti, il contatto, la relazione e il confronto. Mi manca la scuola con la ‘S’ maiuscola“.

Fonte immagine – tecnicadellascuola.it