“Dov’è la libertà…”

“Dov’è la libertà…”

“Stanno uccidendo la nostra libertà”: lo dichiara in questi giorni Giorgio Forattini che aggiunge di essere stato, alla fine degli anni ’90, il simbolo di un attacco alla satira in Italia, quando la Terza Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 23314 lo condannò per una vignetta pubblicata dal settimale Panorama, specificando i diritti, ma anche i limiti della satira. “Il diritto di critica – affermavano gli ermellini in quella sentenza – non può essere rigorosamente obiettivo, ma per essere legittimo e prevalere sul diritto alla reputazione dei singoli deve essere esercitato entro i limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e cioè deve essere un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello della libera manifestazione del pensiero garantito dalla Costituzione”.

Con una recente sentenza del 10.03.2014 n. 5499, la Suprema Corte di Cassazione riesamina il conflitto insorgente tra i diritti costituzionalmente tutelati dell’onore o della reputazione, con quello “scandaloso” esercizio della libertà di manifestazione di pensiero che è la satira.
Il fatto trae origine da una domanda giudiziale di risarcimento del danno proposta da Codacons nei confronti della Editrice Romana spa, editore del quotidiano (omissis), in relazione a tre articoli di stampa, apparsi sull’edizione abruzzese del giornale, ritenuti da parte attrice, di stampo diffamatorio, ma considerati dal Tribunale di Roma con sentenza del 06.12.2004, mera espressione del diritto di satira.

La sentenza di primo grado è stata sostanzialmente confermata dalla Corte di appello di Roma con provvedimento n. 2307 del 2009. Avverso tale sentenza Codacons ha proposto ricorso per Cassazione.

La questione che pone il ricorso è se l’utilizzo delle espressioni “Cialtracons” “contro la diarrea prendete Codacons”, “Codacons e diarrea…” e “Crollacons” riferite all’associazione ricorrente nei tre articoli apparsi sull’edizione abruzzese siano diffamatori, oppure costituiscano legittimo esercizio del diritto di satira, cosi come ritenuto dalla Corte di merito.

Sul punto è quasi scontato premettere – come del resto fa anche la Corte di Cassazione nella sentenza qui in commento – che “la satira è configurabile come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale; come tale rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21 della Costituzione che tutela la libertà dei messaggi del pensiero”. Tendenzialmente “il diritto di satira ha un fondamento complesso individuabile nella sua natura di creazione dello spirito, nella sua dimensione relazionale, ossia di messaggio sociale, nella sua funzione di controllo esercitato con l’ironia ed il sarcasmo nei confronti dei poteri di qualunque natura. Comunque si esprima, e cioè in forma scritta, orale, figurata, la satira costituisce una critica corrosiva e spesso impietosa, basata su una rappresentazione che enfatizza e deforma la realtà per provocare il riso”.

In proposito, la sentenza correttamente ricorda che “la peculiarità della satira, che si esprime con il paradosso e la metafora surreale, la sottrae al parametro della verità e la rende eterogena rispetto alla cronaca. A differenza di questa che, avendo la finalità di fornire informazioni su fatti e persone, è soggetta al vaglio del riscontro storico, la satira assume i connotati dell’inverosimiglianza e dell’iperbole. Essa in sostanza è riproduzione ironica, non cronaca di un fatto; esprime un giudizio che assume connotazioni soggettive ed opinabili, sottraendosi ad una dimostrazione di veridicità“.

Salvo questa doverosa precisazione, la satira rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente, precisano gli ermellini che “nella formulazione di un giudizio critico attraverso la forma della satira possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, purchè siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione e non si risolvano in un’aggresione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato“. Insomma “la satira – ha rimarcato la Corte – al pari di ogni altra manifestazione di pensiero non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona”.

In applicazione a tali principi, la sentenza ha censurato l’operato della Corte di appello che aveva giudicato mere “battute ironiche” espressioni quali “Cialtr… s”, “ Crollac…. “ e “C. diarrea”.

Inoltre la Cassazione ha sottolineato come nessun dubbio sussista “in ordine alla configurabilità della lesione della reputazione nei confronti di un ente collettivo; lesione che deriva dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere, o di settori o categorie di essi con le quali l’ente interagisca allorquando l’atto lesivo che determina la proiezione negativa sulla reputazione dell’ente sia immediatamente percepibile dalla collettività o da terzi; ancora più delicata la posizione quando si tratti di associazione di consumatori“.

Non ho paura… è il coraggio che mi manca”. Il coraggio che sicuramente non è mancato alle 12 vittime del più grave attentato alla libertà, quello di Parigi al Charlie Hebdo.

Avv. Claudia Cassella del Foro di Catania