Modificavano indirizzi Pec di note banche e truffavano correntisti: il modus operandi della banda, 5 arresti

Modificavano indirizzi Pec di note banche e truffavano correntisti: il modus operandi della banda, 5 arresti

MESSINA – Stamattina, i carabinieri del Comando di Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 5 soggetti ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica, accesso abusivo a sistema informatico o telematico e sostituzione di persona. Oltre alla misura cautelare personale, sono stati sequestrati oltre 1,2 milioni di euro.

Le investigazioni, in particolare, hanno dimostrato come gli indagati fossero in grado di modificare, sui principali siti web istituzionali, gli indirizzi di posta elettronica certificata (p.e.c.) di alcuni tra i più noti istituti di credito nazionali ed esteri, sostituendoli con quelli di analoghe caselle di posta certificata.

Gli indagati attivavano presso i provider delle caselle di posta elettronica certificata (PEC) con indirizzi del tutto simili – differenti magari solo per il dominio su cui erano attivate – a quelle effettivamente in uso ad alcuni istituti di credito.

Interponendosi tra il cliente interessato a contattare la banca e l’istituto di credito, i truffatori ricevevano la mail del cliente che credeva di contattare la propria banca per rappresentare le proprie necessità (ad esempio chiusura o apertura di conti correnti ovvero successioni mortis causa) e, una volta stabilito il contatto, ottenevano la fiducia delle vittime e le inducevano a fornire le credenziali di accesso ed i codici operativi dei conti che utilizzavano per sottrarre il denaro.

Le somme rubate venivano riciclate attraverso una sequenza di bonifici effettuati su una serie di conti correnti, aperti fraudolentemente e, in alcuni casi, intestati alle stesse ignare vittime. Se le disponibilità presenti sui conti correnti di cui si appropriavano erano scarse, la banda provvedeva all’azzeramento del saldo del conto attraverso acquisti di merci su siti di e-commerce, facendosi poi recapitare i beni presso indirizzi di comodo nei comuni di residenza.

Un altro metodo posto in atto per sottrarre denaro alle vittime era quello di simulare l’esistenza di un SDD a loro carico. SDD è l’acronimo di Sepa Direct Debit. Si tratta di uno strumento Sepa per l’incasso pre-autorizzato su mandato all’addebito richiesto dal debitore a favore di un suo creditore. Nel breve periodo di indagine è stato documentato un vorticoso giro di SDD messi all’incasso, 124 in uso solo giorno per un contro valore di quasi 200 mila euro.

Foto di repertorio