Una cosa di famiglia, l”impero” di Matteo Messina Denaro: omicidi, scommesse e un dipende dell’aeroporto – DETTAGLI

Una cosa di famiglia, l”impero” di Matteo Messina Denaro: omicidi, scommesse e un dipende dell’aeroporto – DETTAGLI

TRAPANI – Era una cosa che doveva rimanere in famiglia. Si potrebbe sintetizzare così la gestione malavitosa e mafiosa in provincia di Trapani, specialmente nei comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna.

L’operazione “Anno Zero” ha portato all’arresto di 22 persone, oltre alla ricostruzione di alcuni eventi delittuosi e dell’organizzazione “dinastica” voluta dal boss latitante Matteo Messina Denaro.

I suoi uomini di fiducia erano i cognati, Gaspare Como e Rosario Allegra. Il primo era il reggente del mandamento di Castelvetrano, posto a capo del sodalizio nel 2016, dopo aver scontato altre pene detentive in seguito ad altre operazioni (Eden, dicembre 2013, e Ermes, agosto 2015). Como, per avere il massimo controllo sul territorio, aveva a sua volta altri uomini imprescindibili: Antonino Triolo, in possesso di un’agenzia pratiche per auto a Campobello di Mazara, Vincenzo La Cascia, Calogero Guarino, gestore di una frutteria a Castelvetrano, e Vittorio Signorello, dipendente dell’aeroporto di Trapani-Birgi.

A incastrarli sono state delle intercettazioni all’interno degli uffici di Triolo, braccio destro di Nicola Accardo, capo della famiglia di Partanna e uomo fidato del “boss supremo”. È qui che sono emerse alcune direttive date da Matteo Messina Denaro per risolvere alcune controversie. Ordini come quello dell’omicidio di Giuseppe Marcianò, avvenuto il 6 luglio 2017. Altri uomini importanti erano Giuseppe Tilotta, Giuseppe Bongiorno e Leonardo Milazzo, che si occupavano di compiere numerose estorsioni, spesso ricorrendo ad atti violenti e intimidatori. 

Fondamentali nella ricezione delle direttive erano i “pizzini”, i fogli di carta con i messaggi. In uno di quelli ritrovati nell’appartamento di Accardo, c’era la decisione di nominare Dario Messina nuovo reggente del mandamento di Mazara del Vallo. Altro ruolo strategico lo avevano Marco Buffa e Bruno Giacalone, suoi stretti collaboratori.

Inoltre, sempre dalle intercettazioni, è emersa una “venerazione” nei confronti di Matteo Messina Denaro, ritenuto erede del “capo dei capi”, Salvatore “Totò” Riina.

I soldi provenivano non solo dalla spaccio di droga, ma anche da aste giudiziarie truccate per rientrare in possesso di beni sequestrati, traffico di armi e centri scommesse. Proprio nell’ambito di queste ultime, è emersa la figura di Carlo Cattaneo, imprenditore nel settore, e indagato per concorso esterno in organizzazione mafiosa.