Domenica delle palme. “Un camioncino, alcuni ramoscelli e qualche soldo”, la storia di Agata tra tradizione e commercio

Domenica delle palme. “Un camioncino, alcuni ramoscelli e qualche soldo”, la storia di Agata tra tradizione e commercio

CATANIA – Una tradizione lunga 50 anni ma che è possibile raccontare sin dal VII secolo. Un salto al passato e un occhio al futuro: una festa tra religione e, diciamocela tutta, commercio.

La domenica delle palme, nel calendario liturgico cattolico, è una celebrazione ricorrente la domenica precedente alla festività della Pasqua. Con essa ha inizio la settimana Santa ma non termina la Quaresima, che finirà solo con la celebrazione dell’ora nona del giovedì santo, giorno in cui, con la celebrazione vespertina si darà inizio al sacro triduo pasquale. Nella forma ordinaria del rito romano essa è detta anche domenica “De Passione Domini” (della passione del Signore). Nella forma straordinaria, la domenica di passione, si celebra una settimana prima, perciò la Domenica delle palme è detta anche “seconda domenica di passione”.

Ma cosa si “festeggia” in questo giorno? La Chiesa ricorda il trionfale ingresso a Gerusalemme di Gesù in sella a un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma. La folla, radunata dalle voci dell’arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi intorno, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.

In ricordo di questo, la liturgia della Domenica delle palme si svolge iniziando da un luogo al di fuori della chiesa dove si radunano i fedeli e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di palma che vengono portati, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Qui, giunti, continua la celebrazione della messa con la lunga lettura della Passione di Gesù. Il racconto della Passione viene letto da tre persone che rivestono la parte di Cristo (letta dal sacerdote), del cronista e del popolo (compresi alcuni personaggi). In questa Domenica il sacerdote, al contrario di tutte le altre di quaresima (tranne la quarta in cui può indossare paramenti rosa) è vestito di rosso.

Una festa, dunque, presente nelle nostre vite da sempre ma che da diversi anni sembra essere diventata una forma di business: quello di cui vi parliamo oggi è di tutto quello che ruota attorno alla domenica delle palme. Sin dal giorno prima è possibile incontrare gente per strada, davanti alle chiese o sui marciapiedi, che con tanto di tavolini, palme e ramoscelli d’ulivo, vendono la “tradizione”.

Per l’occasione ci siamo fatti raccontare la storia della signora Agata che da 50 anni vende palme e ramoscelli d’ulivo. “Ho ricordi lontani di questa festa, poco nitidi perché di anni ne sono passati tanti e soprattutto perché tutto inizia all’età di 10 anni”. Mentre ci racconta della sua storia, l’odore delle palme si fa spazio tra le narici. Il fruscio degli intrecci attira la nostra attenzione, tra curiosità e meraviglia.

“Quello che ricordo meglio è un camioncino dove a bordo c’eravamo io e mio fratello. Tutta la mia famiglia stazionava per la domenica delle palme a Mascalucia, dove una giornata come tante per molti, per noi si trasformava in cibo. Cibo perché eravamo così poveri che guadagnare quei quattro soldi vendendo ramoscelli d’ulivo all’inizio e poi palme successivamente, significava avere un piatto di verdura calda in tavola e un pezzettino di formaggio, quando c’era”. 

Per raccontarvi la storia della signora Agata nel dettaglio ci vorrebbe più tempo, quindi ci soffermiamo sui dettagli, invece, di questa tradizione lunga, come vi dicevamo all’inizio, ben 50 anni. “All’inizio si vendevano soltanto i ramoscelli d’ulivo, quello che contava era il ‘simbolo’ di questa festa. La domenica delle palme indicava la pace della Santa Pasqua che stava per arrivare e la gente comprava un ramoscello per tenerlo in casa o portarlo nei cimiteri ai parenti defunti”. Dopo un paio d’anni, invece, si iniziò ad intrecciare e lavorare le palme. Venivano raccolte, pulite, e lavorate. “Abbiamo iniziato con uno scatolino pieno di palme, per noi erano soldi, ci sentivamo ricchi anche dopo aver guadagnato 20 mila lire”.

Mentre parla, la signora Agata, continua ad intrecciare le sue palme: “Adesso è diventato tutto un commercio. Ognuno aveva il suo ‘posto’, non si litigava e si stava tutti in famiglia. La tradizione della mia famiglia continua con le mie figlie, che sin da piccole ho portato con me, spiegando loro che non c’era nulla di male e che la povertà non è mai stata vergogna per nessuno”. 

“Ricordo ancora delle belle signorine con dei grandi cestini davanti la chiesa, adesso, invece, tra vigili che multano e gente che litiga, non è più la stessa cosa”, conclude la signora Agata.

Tra chi ne ha bisogno e chi, spera, di poterci guadagnare qualcosa, la domenica delle palme resta, a Catania, e in Sicilia, una delle feste al mondo, che quasi quanto la festa della donna, tra mimosa e fiori, è davvero diventata un commercio che, però, nasconde quasi un lato “tenero”: quello di famiglie, che in una terra come la nostra, stentano a campare e che, almeno per un giorno, sperano di portare qualche soldo a casa.