Tonino Russo (Pd): “Crocetta? Ci vuole una perestrojka”

Tonino Russo (Pd): “Crocetta? Ci vuole una perestrojka”

MONREALE – Tonino Russo è autenticamente di sinistra. È custode della tradizione dura e pura della Quercia e le sue radici sono ben profonde e, per dirla con Tolkien, non sono gelate. Anzi sono emerse in tutto il suo vigore durante l’ultima assemblea del Pd tenutasi domenica scorsa a Palermo. Un confronto che ha sancito la pax crocettiana e un nuovo inizio tra i democratici e il presidente dopo mesi di guerra. Tonino Russo è stato segretario regionale dei Ds e deputato alla Camera e non ha mandato giù il governo dei tecnici che ha soppiantato quello della politica.

– Quanto può essere longevo il nuovo corso tra Crocetta e il Pd?

“È un fatto positivo che siano cambiati gli assessori della precedente giunta. Io auspicavo un cambiamento da un governo ipocritamente tecnico a un governo politico. Ora abbiamo un governo tecnico che di tecnico non ha nulla. In una situazione gravissima per la Sicilia occorreva un’assunzione di responsabilità da parte della politica e da parte di chi ha ricevuto il consenso. I tecnici rappresentano poco meno che sé stessi. Dopo i fallimenti del Crocetta primo e bis bisognava chiudere la parentesi tecnica e aprirne una politica, invece già subito dopo le elezioni Crocetta fece un governo con tante figurine Panini e d’accordo con i grillini: abbiamo visto le macerie del progetto Tsunami che avevano avviato. Occorre una perestrojka, una ricostruzione vera. Con i nomi di adesso non si può realizzare anche perché Crocetta è difficile da domare e se partiamo con l’accondiscendenza non si potrà gestire un governo come se fosse tutto un problema personale o di liti. Intendo esprimere il mio punto di vista così da non sentirmi dire che sono complice… Alcune strategie non mi convincono, non ho problemi a dirlo così come ho fatto ai tempi di Lombardo”.

– Cosa e chi non la convince nella nuova giunta?

Alcune scelte non mi convincono. Come la scelta del Crocetta bis di rinunciare a 4 miliardi di euro che vantiamo con lo Stato in cambio di 500 milioni per poter chiudere il bilancio. Gli effetti creerano precedenti e i prossimi governi potranno usare questa occasione per non riconoscere altri crediti vantati dalla Sicilia, eludendo le sentenze della Corte costituzionale. Sulla qualità del governo mi pare che non sia né il governo della svolta né quello dell’alto profilo. Qualcuno non pensi che basti far indossare un tacco 12 a un assessore per elevarne la statura. Che tecnici abbiamo alla formazione? Era meglio che rimanesse la Scilabra che pur avendo commesso degli errori aveva avviato un’azione di riforma e aveva acquisito competenze. Ci sono dei professionisti di alto livello, però con la natura politica e la storia del Pd hanno poco a che vedere. Non sono professori o intellettuali di area. Ci sono stati pellegrinaggi di corte…”.

– Si riferisce all’assessore Li Calzi con un passato lombardiano?

“Fate voi, qualcuno avrà queste caratteristiche. Fate una disamina e vedrete. Io non la conosco e quindi mi viene difficile parlarne”.

– La scelta di un supertecnico inviato da Roma per l’assessorato all’Economia non pregiudica l’autonomia regionale?

“No, non pregiudica l’autonomia. La stessa cosa si diceva all’inizio per Bianchi che fu un buon assessore. Io sono convinto che ci sono assessori siciliani migliori di questo tizio che sarà anche amico di Delrio ma sono convinto che non ci fosse bisogno di mandare un pretoriano di qualcuno. Abbiamo avuto ottimi assessori come Franco Piro. Se non siamo capaci di amministrare autonomamente l’assessorato al bilancio che è il più politico degli assessorati… di che stiamo parlando?”.

– Lei ha una storia di sinistra ed è stata una delle poche voci critiche dei democratici in questi giorni. Ha espresso il suo dissenso anche in assemblea. Ma in sostanza di sinistra cos’ha fatto questo Pd in questi anni di governo?

“Io sono interessato affinché le cose vadano meglio. Ci deve essere una voce critica che non sia accondiscendente e che non si accontenta di qualche benefit e tacere. Vengo dalla storia del Pci e dei Ds, quindi non pensino di accontentare me con qualche ufficio di gabinetto. Detto questo c’è una situazione difficile che ha radici lontane, la gravità della situazione è determinata nel corso degli anni e il governo si trova dei buchi enormi sotto il profilo finanziario. Certo è che ero abituato a pensare la sinistra come amica dei lavoratori e delle persone che si alzano per portare il pane a casa. Un governo amico degli industriali e che blinda un assessore loro espressione dimostra l’autonomia che ha. La guida del governo nasce con queste tare: è frutto di un cda che ha promosso quest’avventura nella quale si è imbarcato il Pd”.

– Quale il suo giudizio sull’operato del segretario Raciti?

“È stato molto coraggioso, tanto che c’erano pezzi di partito che volevano sfiduciarlo. Crocetta ebbe a dire: Raciti chi? Il segretario ha raggiunto degli obiettivi concreti e ha rimesso in discussione una dibattito incancrenito. Nell’ultima fase poteva fare di più per avere un governo politico, archiviando tutte le altre figure tranne la Borsellino che era utile che rimanesse. È stato un passo indietro e il Pd non può stare dietro i cambi d’umore del presidente. Temo che capiterà ciò che è capitato in precedenza: la Lo Bello da assessore non tenne neppure in considerazione le determinazioni dell’assemblea del Pd. Vedo che si parla tanto di giunta di alto profilo. Forse sì, con delle zeppe!”.