La Cassazione punisce gli “amanti chiacchieroni” ed avverte: svelare la relazione adulterina integra un reato

La Cassazione punisce gli “amanti chiacchieroni” ed avverte: svelare la relazione adulterina integra un reato

In una società in repentina evoluzione, ove i principi ed i valori di natura familiare vengono spesso e volentieri disattesi, l’instaurazione di relazioni adulterine è in continua crescita. Ciò accade tanto nelle coppie unite in matrimonio che in quelle di fatto.

Ma cosa accade quando l’amante del traditore o della traditrice rivela l’adulterio al coniuge o al convivente tradito? Negli ultimi anni, la Sezione Penale della Corte di Cassazione è stata più volte chiamata a pronunciarsi in simili vicende, talvolta ritenendo diffamatorio il comportamento dell’amante, altre volte considerandolo molesto o, addirittura, persecutorio.

Con sentenza n. 7856/2018, la Suprema Corte ha condannato un uomo per diffamazione per aver divulgato in paese la notizia di aver avuto una relazione con una donna sposata, sua compaesana, e di essere in possesso di filmati che li ritraevano in momenti di intimità.

La Cassazione ha subito inquadrato la condotta dell’uomo nel reato di diffamazione di cui all’articolo 595 del codice penale in quanto costui aveva offeso, comunicando con più persone, la reputazione della donna. Secondo il giudicante, infatti, il tradimento non è eticamente e socialmente accettato ed accusare taluno di averlo commesso equivale a pregiudicarne la reputazione.

Altre volte, la Corte ha ritenuto molesta la condotta dell’amante.

Con sentenza n. 28852/2009, gli Ermellini hanno condannato per il reato di molestie una donna che aveva inviato sms alla convivente del traditore per renderla edotta della relazione. Nonostante il numero irrisorio dei messaggi di testo, la Cassazione non ha esitato a condannarne il comportamento, atteso che l’articolo 660 del codice penale punisce “chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo” senza richiedere un livello minimo d’intensità perché il reato si configuri.

Naturalmente, laddove il comportamento dell’amante sia risultato addirittura persecutorio, gli Ermellini non hanno indugiato a condannarlo per stalking. Così è accaduto con la sentenza n. 29826/2015, con la quale è stato dichiarato colpevole del delitto di atti persecutori di cui all’articolo 612 bis del codice penale l’amante che non si è limitato a rivelare al marito della traditrice la loro relazione, ma addirittura ha mandato allo stesso lettere anonime sul luogo di lavoro ed ha lasciato scritte ingiuriose sui muri della scuola frequentata dai figli della coppia, così assumendo una condotta indubbiamente persecutoria.