ACI TREZZA – Una tradizione, un pezzo di storia dello splendido borgo marinaro di Aci Trezza, nel catanese. Stiamo parlando del Maestro d’ascia, noto in dialetto come Mastru d’ascia, ovvero il costruttore di barche, rigorosamente in legno, o ferro, e a mano. Un importante quanto faticoso lavoro, che viene svolto in un cantiere all’interno del porticciolo ed è gestito da almeno quattro generazioni, se non di più, dalla famiglia Rodolico.
Tutto ciò però da un po’ di tempo a questa parte sta rischiando di scomparire, a causa di sconvolgimenti burocratici degli ultimi anni. La zona in cui sorge la struttura, infatti, è passata dalla gestione della Capitaneria di porto a quella del comune di Aci Castello, di cui la “Terra dei Malavoglia” fa parte. In seguito, altri intoppi dello stesso tipo, con la nomina a Sic (Sito d’interesse comunitario) del luogo, hanno peggiorato la situazione.
Un vero e proprio smacco, oltre che alla memoria storica, anche a chi lavora duro ogni giorno per portare avanti la propria passione. Oltre a ciò, il mercato si è ridotto notevolmente il luogo è diventato meta di visite scolastiche guidate, salvaguardato anche da un’associazione culturale che mostra la sua vicinanza alla famiglia Rodolico in questi tempi davvero difficili.
Le vendite sono rare, in quanto vengono acquistate solo da qualcuno che le vuole utilizzare per andare a pescare. Di tutto ciò ne abbiamo parlato con Giovanni Rodolico, che, insieme al padre e al fratello, gestisce l’attività e che ha sottolineato come i problemi attuali la continuano a mettere a rischio chiusura e come ci siano state, in tal senso, delle vere e proprie prese in giro da parte delle istituzioni.
“La mia nostra attività si trascina da almeno 4 generazioni – racconta Rodolico – e di questo ne è una conferma la fattura di un’imbarcazione costruita dal mio bisnonno per l’università di Catania e per l’isola Lachea nel 1908. La vecchia sede era all’inizio del lungomare nella via che porta il nostro cognome, mentre siamo qui da 50 anni e abbiamo costruito imbarcazioni sia in legno che in ferro, dal peso fino a 100 tonnellate”.
I problemi sono iniziati due anni fa, quando l’area cambiò ente di competenza e questa variazione non fu comunicata da parte delle istituzioni in modo chiaro, arrecando gravi danni economici. “Quando lo spazio diventò comunale – continua Rodolico – ci avvertirono e abbiamo fatto la disdetta in capitaneria, stipulando un nuovo contratto. Ma ci sono arrivati due verbali salati tra dicembre 2015 e gennaio 2016 e non ci hanno detto che anche lo spazio fuori era passato al comune. Così noi tiriamo 4 barche per poter lavorare, arrivano i vigili e ci dicono che era occupazione abusiva di suolo pubblico. Ci hanno ritirato la licenza e per riaverla abbiamo pagato una prima rata di 24 mila euro. Mi hanno fatto fare i collaudi, ho comprato un depuratore da 10 mila euro, ma poi non ho potuto fare niente perché la zona era diventata Sic, dove non si possono usare resina, vernice e smalto”.
La Regione Sicilia ha fatto costruire, tempo fa, degli scali d’alaggio in legno per tirare le barche, ma non possono essere utilizzati a causa di queste decisioni. Come si vede bene in una delle foto, sono ancora nuovi di zecca e solo l’acqua del mare li bagna. Ma da parte di chi vive nel territorio il supporto non è mancato e la speranza è sempre viva.
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“Questi scali d’alaggio a cosa servono – conclude Rodolico -, se non si possono utilizzare? Il depuratore e i collaudi all’argano, allora, li abbiamo fatti inutilmente. E pensare che volevo rendere il cantiere antisismico. Siamo stati tratti in inganno e tra un anno, se non rinnoviamo la licenza, la ritirano nuovamente ed è la fine. Al momento sto potendo a stento sostenere il cantiere, perché la domanda non è più quella di una volta. Se non c’è lavoro, non posso uscire soldi. Tempo fa due consiglieri comunali hanno fatto in modo di liberare un’area occupata da un parcheggio abusivo per tenere le imbarcazioni a costo bassissimo. Ogni anno per la festa di San Giovanni, al momento del varo delle barche, c’è una folla commossa. Questa è storia e va salvaguardata”.