“Sogno di una notte a Bicocca”: l’umanità dietro le sbarre

“Sogno di una notte a Bicocca”: l’umanità dietro le sbarre

CATANIA – Sconvolge, rapisce ed è impossibile non immedesimarsi nel dramma umano e sociale dei 9 detenuti protagonisti dell’impeccabile “Sogno di una notte a Bicocca”, in replica fino a domenica 7 gennaio al Centro Zo, scritto e diretto da Francesca Ferro per il secondo appuntamento in cartellone della nuova stagione di Teatro Mobile di Catania.

Una reinterpretazione dal sapore catartico di “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, nata dopo l’esperienza di un interessante laboratorio teatrale tra i detenuti della stessa regista vissuta tra le sbarre di Bicocca, capace di arrivare diritto al cuore del numeroso pubblico della prima, generoso negli applausi, che grazie all’essenziale allestimento scenico di Arsinoe Delacroix che, ricreando perfettamente un’ala del carcere con grate e spazi ben delimitati, permette di poter vivere con grande coinvolgimento la trasformazione di questi uomini in gabbia, senza giudicare la loro colpa, in esseri umani liberi di sognare e dare voce a quella fantasia che la vita con i suoi dolori ha assopito, ma non distrutto.

Eccellente la regia di Francesca Ferro che in uno scorrevole atto unico di ben 2 ore ha scritto una delle pagine più belle del nostro teatro realizzando una perfetta osmosi tra ironia, sarcasmo e vita reale, senza eccessi o sbavature di alcun genere. Ogni singolo personaggio interpretato da un cast di rara bravura composto da Ileana Rigano, Agostino Zumbo, Mario Opinato, Silvio Laviano, Renny Zapato, Giovanni Arezzo, Francesco Maria Attardi, Giovanni Maugeri, Vicenzo Ricca, Antonio Marino, Dany Break, insieme alla stessa Ferro, che dà vita alla regista di questa particolare compagnia, mette in scena con semplicità e per questo sconvolge come un pugno al centro dello stomaco la sofferenza dell’anima che trova pace grazie alla funzione terapeutica del teatro.

Un applauso speciale va sicuramente all’interpretazione di Silvio Laviano nei panni del napoletano pluriomicida che dopo numerosi tentativi di boicottare lo spettacolo decide, affidandosi alla regista, di salire sul palco interpretando il folletto Puck al servizio di Oberon, un inedito ed ironico Mario Opinato il pappone arrestato per istigazione alla prostituzione che conquista tutti con battute esilaranti e improvvisati passi di danza.

Il testo di Shakespeare completamente stravolto grazie alle influenze dialettali, i ragionamenti tipici di chi non si abbassa al volere degli altri come nel caso del mafioso Melo Russo, uno straordinario Agostino Zumbo, o l’arrogante Polifemo soprannominato così perché durante l’arresto ha perso un occhio, magistralmente interpretato da Francesco Maria Attardi, diventa la voce di un gruppo di uomini che hanno dimenticato di essere rinchiusi sentendosi per la prima volta liberi di sognare.