Pagare la busta per i cibi? “Solo confusione”: la “barzelletta” del sacchetto di plastica

Pagare la busta per i cibi? “Solo confusione”: la “barzelletta” del sacchetto di plastica

CATANIA – Ci sono tre persone: un ambientalista, un consumatore e un esercente. Il primo va in un negozio per comprare della frutta e paga il sacchetto 2 centesimi. Il secondo compra sempre della frutta e paga il sacchetto 4 centesimi. Il terzo, mette tutto nel sacchetto e alla cassa non sa addebitare 2 o 4 centesimi di euro.

Una racconto che, per come inizia e si sviluppa, sembra essere una barzelletta. Certo, forse non farà ridere, probabilmente perché è anche una storia vera. Questo, infatti, è quello che sta succedendo dopo l’introduzione della norma che prevede il pagamento dei sacchetti di plastica biodegradabili. Una legge di cui si sa poco e che mostra ancora diverse falle. Ma che, nonostante faccia gravare su consumatori ed esercenti i costi della plastica, non sembra trovare nessuna opinione contraria. Se non per la mancanza di chiarezza e per la polemica di questi ultimi giorni, forse superflua e poco giustificata.

“Allucinante che si discuta di questo presunto costo. Nessuno si interroga dell’aumento di luce e gas – tuona Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia –. Se la collettività paga qualcosa per difendere la natura non ci vedo nulla di male. Manca chiarezza sotto certi aspetti, forse. Ecco perché si stanno cercando delle soluzioni di sostituzione e risparmio. Una cosa simile era successa con i sacchetti per la spesa. La gente, però, ha capito e si è munita con le buste di stoffa. Se la finalità è difendere il pianeta credo questa legge sia poco discutibile. L’obiettivo è ridurre la plastica. Scelta ineccepibile”.

Poco da ridire dunque, così come per la Federconsumatori: “La norma nasce per tutelare l’ambiente e questa credo che sia assolutamente la direzione giusta”, spiega Alfio La Rosa, presidente Regionale dell’associazione. “Eliminare la plastica che crea problemi ambientali anche ai cittadini – prosegue – è sicuramente una cosa giusta. Oggi si parla di materiali biodegradabili al 40%. Ma si cercherà di arrivare al 60% nel 2021. Il tutto è per preservare la salute delle persone. Alcuni di questi prodotti, infatti, finiscono nel ciclo vitale”.

Dall’elogio per la scelta, ecco, però, le critiche: “Le norme non sono chiare e non c’è stata una giusta informazione. Il consumatore, infatti, paga già i servizi che stanno dietro al meccanismo di vendita. Certo, il costo del sacchetto è irrisorio, ma non c’è stata trasparenza e le cose non sono state fatte a dovere. La legge, infatti, è già pronta da agosto 2017. Ma, se nessuno informa il cittadino delle finalità, delle modalità dei costi e delle possibili alternative, ecco che tutto può essere visto solo come un aggravio nei confronti del consumatore. L’unica cosa in cui è chiara la norma, infatti, è che il sacchetto non può essere ceduto gratuitamente”.

Eccoci, quindi al terzo personaggio: l’esercente, sicuramente quello più confuso che persuaso. “La necessità di pagare il sacchetto di plastica riguardava i supermercati della grande distribuzione. Adesso, è stata estesa anche ai piccoli commercianti ed è nata la “psicosi” del sacchetto a pagamento”, spiega Salvo Politino, presidente della Confesercenti Catania. “Quello che è più grave è che non c’è chiarezza su nulla. Il prezzo del sacchetto non è definito e può variare da 2 a 10 centesimi. Inoltre, c’è stata poca informazione e molti commercianti non sanno che entro l’1 gennaio bisognava avere i registratori di cassa aggiornati. Chi non lo ha rischia pesanti sanzioni, da 2.500 euro a 25mila, fino a u massimo di 100mila per un ingente quantitativo di buste non a norma”.

È per tutte queste ragioni che la Confesercenti ha chiesto una deroga per tutelare chi ancora non si è attrezzato ed ha chiesto possibili alternative, quali l’eventualità di poter portare un sacchetto da casa o mettere a disposizione delle retine. Una richiesta rivolta al Ministero dell’Ambiente per quanto riguarda i cibi e rimbalzata al Ministero della Salute per motivi igienici.

Alla luce di quanto detto, inoltre, va precisato anche che è inutile provare ad aggirare il problema acquistando i prodotti sfusi. Come sottolineato dalla Federconsumatori, alcuni esercizi commerciali applicano il prezzo dei sacchetti direttamente al momento dell’elaborazione dello scontrino alla cassa: se il cliente pesa ed etichetta singolarmente tre arance rischia paradossalmente di pagare il sacchetto non una, ma tre volte. Dal canto suo, l’esercente ha l’obbligo di indicare il prezzo di vendita del singolo sacchetto sullo scontrino o fattura di acquisto. Altri consigli utili sono stati riportati in un vademecum.

Stime alla mano, pagare la busta a ogni acquisto può incidere mediamente intorno ai 10 euro l’anno. Nulla in confronto ai 980 in più da pagare a causa di aumento di luce, gas e tasse di vario genere, tra cui anche quella sulla spazzatura, la TARI.

Una spesa che dovrebbe avere un vantaggio, quello della raccolta differenziata. Al momento quasi un'”utopia”, se si pensa che la Sicilia ha uno dei valori più bassi di smaltimento dei rifiuti (circa il 14%). A questo, poi, si aggiunga anche la mancanza di strutture idonee dove raccogliere la stessa immondizia.

Sembra un paradosso, una “barzelletta” che vede come protagonisti proprio l’ambientalista, il consumatore e l’esercente, vittime dello stesso sistema. E anche se, forse, non farà ridere, un sorriso amaro lo avrà strappato sicuramente.