Villocentesi e amniocentesi, tutto quello che c’è da sapere

Villocentesi e amniocentesi, tutto quello che c’è da sapere

Nel passato l’indicazione più frequente alle procedure invasive per la valutazione del rischio di cromosomopatie era l’età materna avanzata con la fatidica soglia dei 35 anni di età. Al giorno d’oggi, come peraltro suggerito dalle linee guida nazionali e internazionali, l’indicazione al prelievo invasivo è rappresentato dai test di screening anomali.

Benché la percentuale di perdite fetali dopo tecniche invasive nei centri di riferimento sia decisamente basso (1:500 – 1:800), molte donne rassicurate da un “risk assessment” basso al primo trimestre di gravidanza si sentono tranquillizzate e decidono di non esporsi al rischio fetale, pur non essendo i test di screening esami diagnostici.

Una ulteriore diminuzione della richiesta di test invasivi negli ultimi 3 anni si è avuta con l’introduzione del Nips (Non Invasive Prenatal Screening) sul sangue materno utilizzando il cell-free Dna. Il Nips (chiamato erroneamente Nipt: Non-Invasive Prenatal Test in quanto non esame diagnostico) è entrato con forza nei centri di medicina fetale e, pur avendo un’alta sensibilità per la Trisomia 21 (99%), Trisomia 18 (96%), Trisomia 13 (91%), Monosomia X (90%) e presentando un basso numero di falsi positivi, trattandosi di un test non-diagnostico, necessita di essere confermato nell’immediato con la villocentesi o più tardiva- mente con l’amniocentesi in caso di risultato positivo o non conclusivo.

In passato l’amniocentesi era più diffusa rispetto alla villocentesi, sia per la maggiore esperienza degli operatori, sia per il minore rischio d’aborto. Attualmente, la richiesta di villocentesi è notevolmente aumentata, visto il rischio di abortività sovrapponibile a quello dell’amniocentesi e sia per la maggiore precocità della tecnica.

Per questo motivo le società scientifiche nazionali ed internazionali più accreditate suggeriscono di accentrare le procedure di diagnostiche invasive in pochi centri di riferimento al fine di ottimizzare la manualità degli operatori e di conseguenza ridurre il rischio di perdite fetali legato alla procedura e permettere il tutoring delle tecniche invasive ai giovani fellows.

Inoltre, gran parte delle donne gravide che scelgono di eseguire i test di scree- ning, davanti ad un risultato anomalo o non conclusivo preferiscono non attendere la 16-20 settimana per eseguire l’amniocentesi ma scelgono la villocentesi alla 11-13 settimana di gravidanza, ridu- cendo così il forte stress legato all’ansia dell’attesa e il rischio di dover ricorrere a un eventuale aborto tardivo. Attualmente l’amniocentesi resta ancora la tecnica di scelta per le patologie congenite infettive e viene utilizzata nei centri dove non ci sono operatori esperti per la villocentesi e in alcun casi dopo un referto biochimico anomalo al 2° trimestre come il tri-test.

La villocentesi oltre che essere utilizzata dopo test di screening combinato anomalo al 1° trimestre per le cromosomopatie, risulta la tecnica di scelta dopo Nips positivo per Trisomia 21. Dopo Nips positivo per Trisomia 18 e 13 associati a malformazioni fetali riscontrate ecograficamente è preferibile eseguire sempre la villocentesi mentre nei pochi casi in cui non c’è evidenza ecografica di difetti fetali è preferibile eseguire l’amniocentesi perché può essere presente un eventuale mosaicismo placentare.

In caso di difetti malformativi fetali, la moderna medicina prenatale utilizza la villocentesi, abbinando al tradizionale esame citogenetico l’esame molecolare microarray che permette un incremento del 6% nell’identificazione di anomalie cromosomiche e un incremento del 2,6% nell’identificazione di microdelezioni e duplicazioni con cariotipo normale.

Nel caso in cui le donne non intendessero ricorrere alla interruzione volontaria di gravidanza, le coppie ad alto rischio genetico o cromosomico possono eseguire prima della gravidanza la Diagnosi Genetica Preimpianto (Pgd) che utilizzando tecniche di fertilizzazione in vitro, biopsia dell’embrione o della blastocisti e analisi molecolari come il minisequencing, permette il trasferimento in utero degli embrioni non affetti dalle patologie genetiche e cromosomiche ricercate.

Si evince che allo stato attuale la associazione mirata tra test di screening, ecografia e test diagnostici invasivi permette alla coppia una maggiore possibilità di programmare e affrontare la gravidanza in maniera serena e più consapevole.