Sarebbero uno “spreco di soldi” i test venduti alle donne per valutare la loro fertilità. Questi esami, che attraverso la misura di alcuni ormoni nel sangue indicano quant’è la riserva ovarica, cioè quanti ovociti sono rimasti, non predicono, infatti, le possibilità che ha una donna di concepire. Lo spiegano i ricercatori dell’Imperial college di Londra sul Journal of the American Medical Association (Jama).
Nonostante la mancanza di prove sulla loro utilità, i biomarcatori della riserva ovarica vengono pubblicizzati da alcune aziende come indicatori del potenziale riproduttivo, cioè delle possibilità di rimanere incinta. Sviluppati dalle cliniche della fertilità per prevedere la risposta delle pazienti ai farmaci usati per stimolare le ovaie a produrre ovociti, questi esami sono stati poi messi sul mercato da alcune aziende al costo di oltre 110 euro. E vengono acquistati soprattutto dalle donne preoccupate di avere il primo figlio troppo tardi. Lo studio ha preso in esame 750 donne tra i 30 e 44 anni, senza problemi di fertilità, che stavano cercando di concepire naturalmente da tre mesi o meno.
I risultati hanno mostrato che bassi livelli di ormone antimulleriano (Amh) – quello usato per valutare la riserva ovarica – non sono rilevanti per indicare le probabilità di una donna di rimanere incinta entro un determinato periodo. In chi cerca di concepire un figlio naturalmente, una bassa riserva ovarica non è per forza associata all’infertilità. Molte donne con bassi valori di riserva ovarica, dicono gli studiosi, concepiscono, infatti, senza problemi, mentre altre, con valori buoni, ci mettono più tempo e hanno bisogno della fecondazione assistita. “I livelli di ormoni cambiano nel tempo. Fargli una fotografia di come sono oggi ci dice molto poco su come sarà la fertilità di una donna domani“, precisa Channa Jayasena, uno dei ricercatori. Misurare questi ormoni “per prevedere la fertilità di donne preoccupate e vulnerabili è sbagliato, e dovrebbe essere fermato“, continua.
Questi esami possono essere utili, invece, per valutare le donne con problemi di fertilità e decidere la terapia migliore.