CATANIA – Gira per la città, senza l’imposizione delle mani, ma fa miracoli. La gente a lui fa voti per una città migliore. Non gli portano mazzi di fiori in assessorato, davanti alla sua porta non accendono lumini e non appendono al suo collo collane di pietre preziose, ma quando lo incontrano i cittadini lo pregano e gridano: Viva Saro D’Agata… quasi quasi un Viva San D’Agata: non viene pronunciato così esplicitamente perché Sant’Agata è un’altra cosa, a Catania non si tocca: è l’unica certezza a cui votarsi per i catanesi. Lo testimonia la venerazione vera e profondamente radicata che si ha per la Santuzza. Quindi nessun accostamento blasfemo o irriverente: tutt’altro. Solo un esempio di virtù da ammirare e seguire.
Saro D’Agata, infatti, ha grande stima in città: è l’unico che nell’amministrazione Bianco ci sta mettendo la faccia veramente e cerca di metter pezze, di fare veri e propri miracoli lì dove le discutibili scelte della politica fanno tonfi clamorosi.
Primo su tutti il “Tonfo Gioeni”, come ormai tutti hanno ribattezzato il Tondo Gioeni: quella “bella minchiata” ai catanesi non è mai piaciuta e negli orari di punta continua a mandare su tutte le furie gli automobilisti che di logico nelle scelte fatte riscontrano poco.
Ma subito arriva lui, il nostro protettore. “Lo abbiamo fatto per voi. Siamo stati costretti ad abbattere il ponte – dice D’Agata con le mani protese sui catanesi – c’erano problemi di staticità chiaramente riscontrati. Così vi abbiamo messo in sicurezza facendo prevenzione sismica”.
Che differenza con chi non si espone per nulla e soprattutto con le parole di Bosco: a proposito, ingegnere, ma dov’è il 10 per cento in meno di traffico dirottato attraverso la bretella di via Petraro? Da lì non passa quasi nessuno! È perché c’è una seconda bretella parallela, inutilizzata, a che serve?
Saro D’Agata: ecco il nuovo patrono… politico: colui che con passo leggiadro si sposta da un estremo all’altro della città per contenere la rabbia della gente.
Mettiamo il caso della protesta dei commercianti in via Gabriele D’Annunzio: arriva, scende dal pulpito e almeno discute senza arroganza con il “popolo”, anche se tutto, poi, resta immutato.
È lui che affronta i commercianti del lungomare che protestano. Proprio pochi giorni fa lo abbiamo visto al viale Artale Alagona per la collocazione dei new jersey costati alle casse comunale, dicono, circa cinquantamila euro.
Ma, chiediamo: lo hanno fatto per noi? Per proteggerci? Metti e leva, leva e metti. Ma perché non lo lasciavano lì sin dall’inizio? Così si evitava questa spesa!
Certo, in effetti, qualcosa di diverso rispetto ai precedenti blocchi di cemento c’è: sono arrivati i fiori, bianchi e rossi, bianchi e rossi forse per evitare che vengano chiamati Bianco-fiori e ricordino la defunta democrazia cristiana. Probabilmente, azzardiamo, i colori vogliono richiamare le strisce di attenzione utilizzate nei cantieri e dovrebbero indurre i guidatori a rallentare.
A saperlo prima che ci volevano i fiori per intimorire i catanesi alla guida li spargevamo per tutta la città!
Al di là dell’ironia, ad onor del vero l’assessore D’Agata riteniamo sia uno dei pochi se non l’unico a metterci la faccia, stando fra la gente, sia nel bene che nel male.
A lui si rivolgono tutti: se da una parte, infatti, lo invocavano i commercianti che protestavano in via Gabriele D’Annunzio per i cambiamenti del senso di marcia, dall’altra lo affrontavano “de visu” quelli in corteo contro il lungomare liberato.
Ma va dovunque, come una candelora, nei quartieri, soprattutto in quelli in difficoltà, dove gli altri non si azzardano ad andare a fare passerella.
Persino i componenti della sua giunta – come s’usa fare in politica, pronti a dilaniarsi fra loro – lo difendono. Cose mai viste! Ma forse è perché difendendo lui dalla richiesta di dimissioni, tutelano soprattutto loro stessi.
Profuma proprio, sì, di salvezza della faccia dell’amministrazione: ma fino a quando potranno contare sul suo carisma? Insomma non tromboneggia dalla sua poltrona assessoriale, ma c’è sempre… chissà che un giorno non santifichino anche lui. Ancora nessuno ha osato dire: santo subito!
Intanto teniamocelo stretto, con devozione, ma vi raccomandiamo, senza ceri votivi accesi, per non rendergli sdrucciolevole la strada. A Catania, non si sa mai!