PALERMO – Il sondaggio Demopolis parla chiaro: Il 55 per cento dei siciliani, il prossimo cinque novembre per il rinnovo dell’Ars e per la elezione del nuovo presidente, non si recherà alle urne; in termini ancora più chiari, soltanto 2 milioni su 4 e mezzo, aventi diritto al voto, andranno alle urne; la maggior parte si dichiara stufa della politica.
L’indagine demoscopica di questi giorni mette a nudo la situazione catastrofica di una gestione della cosa pubblica siciliana che si è registrata a partire dal 2012 e supportata anche da quella ereditata nelle ultime legislature che si sono succedute. In pratica, stando ai suffragi ricevuti da Crocetta, pari a 617.000, quando l’affluenza alle urne è stata del 47, 41 per cento, oggi potrebbero bastare 500 mila voti per andare a conquistare Palazzo d’Orleans. E i suddetti dati, tratti da indagini attuali, potrebbero, anzi sicuramente peggioreranno a novembre prossimo, considerato che la Corte dei Conti ci ha messo lo zampino (e meno male, visto che saremmo potuti arrivare, non col culo per terra perché già lo siamo, ma dentro una voragine, senza alcuna via d’uscita!).
Non si intravvede alcuna luce in fondo al tunnel, sul lavoro con più di 500 mila disoccupati; su intere famiglie costrette ad emigrare perché private del lavoro e delle proprie case; sulla gravità dei servizi sanitari che giorno dopo giorno esplodono in scandali impietosi come l’ultimo a Ragusa, con il nuovo ospedale chiuso anzitempo; con la crisi dell’agricoltura; con il business degli emigrati in mano a bande criminali senza controllo; con la Sicilia, in cui lo sviluppo economico riguarda droga, droga e droga, e con il suo traffico “lavorano” centinaia di migliaia di giovani con un futuro splendido, cioè quello di finire dopo pochi mesi di attività nelle patrie galere; affari illeciti sulla gestione della mano d’opera di emigrati assunti, a condizioni di schiavitù, per lavorare nei campi, nelle serre, nelle aziende agricole, negli allevamenti e nelle attività casearie; affari sporchi nella produzione di prodotti caseari, in cui aziende specializzate, per ovviare ai costi insostenibili delle materie prime locali, acquistano latte e caglio in Romania, Ucraina ed altri Paesi dell’Est, per poi vendere prodotti lavorati, etichettati falsamente, con la dicitura “prodotto con latte italiano”, altro che siciliano!… ; nel fiammicidio dei boschi in maniera incontrastata e per nulla contenuta, con attacchi pericolosissimi all’ambiente, per nubi tossiche che si registrano ogni volta che il termometro sfora i 35°, con il dubbio che i piromani siano i famosi “cinquantunisti” ovvero i dipendenti stagionali della Forestale siciliana, che per la bramosia di rientrare al lavoro e per guadagnare qualcosa sono pronti a tutto, magari a dare a fuoco alle basi del proprio lavoro; e per finire anche con le banche, quelle ancora occultate delle consorelle venete e toscane che già ci stanno costando centinaia di miliardi.
Dopo l’analisi di detta situazione, a 5 milioni di siciliani cosa rimane da sperare, Il rinnovo del Governo regionale? Crediamo proprio che l’indagine demoscopica convenga rimandarla a settembre con una più nuova, attuale e veritiera, in modo che, con nuovi dati, sicuramente, parecchio peggiori di questi, il Governo romano si renda conto della “Waterloo siciliana” cosa bisogna fare o non fare per la Sicilia. Forse apporre il cartello con la scritta “Vendesi” sarebbe meglio! Almeno tutti gli altri affissi alle centinaia di migliaia di abitazioni di ogni realtà urbana siciliana, potrebbero godere di un comune sollievo, “Mal comune, mezzo gaudio!”.
Giuseppe Firrincieli