CATANIA – Che gli animi in città non siano proprio rilassati, è sotto gli occhi di tutti. I commenti sulla vicenda che ha visto coinvolti commercianti da una parte e ciclisti dall’altra, si rincorrono dai social, ai bar per ogni angolo di Catania. Un episodio che senza ombra di dubbio dovremmo accantonare e dimenticare per i modi, le espressioni e le conseguenze che ha avuto e sta continuando ad avere. L’anello della catena che ancora ci mancava da intervistare, per sentire tutti i protagonisti di quella domenica sera al lungomare di Catania, era quello della polizia municipale, finita, per il ruolo che svolge, al centro delle frizioni.
Oggi abbiamo dato la parola anche al loro comandante Pietro Belfiore.
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Ma perché l’aggressione? Perché gli insulti? Ma anche perché questo senso di godimento nel vedere i “paninari” non lavorare più? Noi censuriamo la violenza fisica ma anche quella verbale: non è sintomo di civiltà. E fra scritte su Facebook e controlli dei vigili in via del Rotolo, i paninari dicono di avvertire una forma di ritorsione netta nei loro confronti da parte della città tutta e dell’amministrazione comunale e della polizia municipale nello specifico, ma Belfiore risponde così.
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Che i vigili urbani siano nell’occhio del ciclone delle polemiche, riteniamo che nessuno possa negarlo, ma anche perché loro per la cittadinanza sono dei punti di riferimento. Sono i primi ad essere chiamati. I primi a dover dare delle risposte esaustive alle richieste della gente che magari non tiene presente che fanno parte di un sistema ben più ampio, che deve fare i conti con le contraddizioni della politica, in primis e con i tagli, in secondo luogo.
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Ma abbiamo veramente bisogno dei vigili per rispettare le regole? Proviamo un attimo a guardare le vicende che si sono succedute anche sotto un’altra lente di ingrandimento: è normale che da una parte ci siano i commercianti che protestano per i loro diritti e dall’altra c’è un gruppo di ciclisti che interviene senza capire il momento che stiamo vivendo? E di contro, ritenete sia logico rispondere con la violenza fisica perché si pensa di essere stati provocati? Ma ancora, è ragionevole aprire una pagina Facebook solo per boicottare i paninari? Ma cos’è una guerra? A che livello stiamo scadendo, da una parte e dall’altra!
Sembra il regno della follia, se solo si pensa che oggi per un controllo anti-abusivismo una persona si da fuoco e muore. Se solo si pensa che per una multa si va in escandescenze. Catania è “la città dove le regole non esistono, esistono solo le eccezioni” come cantava Jovanotti. Ma noi queste regole le vogliamo o no? Perché se non vediamo qualcuno che le fa rispettare ci lamentiamo, ma se quel qualcuno c’è, ci lamentiamo lo stesso. Ecco le emergenze.
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Abusivismo commerciale: non si può non pensare alla tragedia che ha segnato Catania a settembre, quando Salvatore La Fata, l’ambulante abusivo di piazza Risorgimento, si è dato fuoco e undici giorni dopo è morto. E in questo caso sono stati proprio i vigili urbani ad assistere al gesto in diretta ma ora sono accusati di istigazione al suicidio.
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È una fotografia della città a tratti disarmante, quella che esce fuori dagli ultimi episodi di cronaca che l’hanno coinvolta. Non sarebbe il caso di darci una calmata e imparare a riflettere un po’ di più prima di agire?
E i catanesi tutti non dovremmo avere comportamenti di assoluto rispetto di regole e norme nell’interesse generale? Parliamo di sosta in doppia fila, di spazzatura, cicche e carta gettate dove capita, di guida con una mano mentre l’altra è impegnata con il telefonino, di casco in moto. E per gli esercenti parliamo di licenze, di rispetto della quantità di suolo pubblico che si paga, invece di invasione di marciapiedi senza ritegno. E di tanto, molto altro.
La legalità, il rispetto reciproco: riusciamo in questa città ad averli come punto di riferimento dei nostri comportamenti ad ogni istante?