Il dissesto del Bellini a causa di dipendenti “infedeli”: gioielli, viaggi e case a spese dei cittadini

Il dissesto del Bellini a causa di dipendenti “infedeli”: gioielli, viaggi e case a spese dei cittadini

CATANIA – Per 9 anni hanno sottratto indisturbati oltre 14 milioni di euro dalle casse dell’Istituto musicale Vincenzo Bellini. Denaro pubblico, dal momento che l’istituto è finanziato prevalentemente dal comune di Catania e dall’ex provincia etnea, oggi Città Metropolitana di Catania.

Le indagini dell’operazione “The Band” hanno portato all‘arresto di 23 persone: 6 sono finite in carcere, 17 agli arresti domiciliari. L’accusa per loro è di peculato continuato, ricettazione, riciclaggio e associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. Reati commessi dall”ottobre 2007 fino al febbraio 2016.

Riflettori puntati, quindi, sui dipendenti “infedeli” dell’ente pubblico che, con la complicità di persone fisiche e giuridiche esterne all’Istituto, ne hanno seriamente minato la solidità finanziaria portando, il Bellini, al dissesto. L’Istituto, nonostante l’esiguità dei fondi, ad oggi rimane attivo e rappresenta un’eccellenza in campo musicale a livello nazionale.

Le investigazioni sono partite grazie ad una denuncia presentata da alcuni componenti del Consiglio di Amministrazione e dall’attuale direttore amministrativo del Bellini, la dottoressa Leonardi che, su segnalazione dell’ente bancario, ha informato la Guardia di Finanza e di fatto dato il via alle indagini.

In sostanza l’ente pubblico era stato trasformato in una sorta di “bancomat” senza limiti di prelievo per appagare anche le più superflue esigenze personali come l’acquisto di immobili, gioielli, viaggi e capi d’abbigliamento griffato.

Falsificazione di firme, mandati di pagamento compilati con causali differenti, gli arrestati non si sono risparmiati per eludere i controlli e truffare il comune di Catania e l’ex provincia etnea, i due enti pubblici che finanziano maggiormente l’Istutito, che solo in minima parte si regge grazie alle rette degli studenti,

Ad aprire il vaso di Pandora sono servite le ricostruzioni tramite gli istituti di credito che hanno documentato come il denaro venisse emesso dall’Ente a favore dell’ex responsabile dell’ufficio di Ragioneria del Bellini e dei dipendenti suoi complici.

A ricevere ingenti somme di denaro da parte dell’Istituto anche aziende esterne, di province e regioni diverse, pagate profumatamente per servizi e attività che non avevano mai svolto a favore del Bellini.

Inoltre, ha lasciato basiti gli investigatori l’arroganza di alcuni degli arrestati che, dopo essere stati scoperti, sono stati licenziati e per tale motivo hanno ritenuto lecito fare ricorso al giudice del lavoro contro un licenziamento a loro avviso ingiusto.

Quel che è certo è che gli arrestati hanno avuto sentore delle indagini in corso e hanno provato a correre ai ripari: in particolare, Lea Marino, 65 anni, responsabile dell’ufficio del Personale del Bellini fino al maggio 2016, e Vita Marina Motta, 57 anni, responsabile della segreteria didattica dell’Istituto fino al maggio del 2016, hanno restituito 100mila euro alle casse depredate. Una cifra irrisoria rispetto a quella sottratta e certificata dalle indagini che ammonta a 2milioni e 600mila euro, finiti nelle tasche di Motta e 2milioni e 400mila euro “guadagnati” da Marino.