CATANIA –“Quanti anni ci vogliono, per raggiungere l’euforia, per le piccole cose che non hai ancora?”.
Si interroga così Alessandra Amoroso nel suo ultimo singolo “Piccole Cose”, che calza a pennello per tentare di spiegare l’ennesimo capitombolo del Catania, stavolta al “Veneziani” di Monopoli. I rossazzurri sono stati sconfitti con il passivo di 3-0 e meritatamente. La squadra allenata da Giovanni Pulvirenti ha inizialmente tentato di mantenere i ritmi della partita bassi, così come anche il Monopoli, e sembrava esserci riuscita visto che a 5′ dalla fine del primo tempo il risultato era ancora inchiodato sullo 0-0. Poi, ancora una volta, su calcio piazzato, il Catania ha preso goal dal capitano dei biancoverdi Esposito.
Come è accaduto nelle ultime partite, la squadra avrebbe dovuto demoralizzarsi a causa dello svantaggio. Questa volta, però, una reazione c’è stata: Pozzebon l’occasione per pareggiare l’ha avuta. Ottimo filtrante dalla sinistra di Scoppa dentro l’area per Manneh che mette in mezzo un pallone a mezz’altezza perfetto per il centravanti del Catania. Pozzebon colpisce di testa ma sbaglia: una difficoltà realizzativa dei rossoazzurri evidente nelle ultime uscite. Il mancato pareggio, quindi, ha fatto crollare il fragile muro del Catania.
La ripresa è brutta sotto tutti gli aspetti: i subentrati Russotto e Barisic non trovano il guizzo. Non c’è occasione di ripartenza, vengono sbagliati i passaggi più semplici.
A questo Catania mancano le “piccole cose“, che sembrano essere gigantesche. L’azione manovrata, la fiducia nei propri mezzi e la convinzione di essere già sconfitti sono dettagli che fanno la differenza e, se non verranno rimossi nella mente dei calciatori, il Catania rischia di perdere le altre due sfide rimanenti. Per questa ragione in molti chiedono a gran voce il ritorno di Pino Rigoli sulla panchina etnea, non per la speranza di fare un miracolo ma per “ridare dignità a questa squadra, almeno adesso”. Tra l’altro, non è utopia ricordare che gli etnei hanno soltanto tre punti di distanza dal decimo posto e due dall’undicesimo, entrambi validi per i play-off qualora il Matera vincesse la Coppa Italia Lega Pro.
foto: DataSport
E allora, tornando alla frase d’apertura, “Quanti anni ci vogliono, per raggiungere l’euforia?”: quanto tempo serve al Catania per ritrovarsi come una squadra capace di lottare e sapersela giocare con tutti? Quanto tempo occorre ai tifosi e ai calciatori per vivere un fine settimana sereno e poter dire fieramente “Oggi abbiamo fatto una grande vittoria”? Quell’euforia che nel calcio conta, quanto tempo ci vorrà per raggiungerla? Ormai sembra essere scomparsa, sia dalla parte di chi scende in campo e sia dalla parte di chi le partite le guarda. Ne sono testimoni le 7 sconfitte in 9 partite, ne è prova la chiamata dei giovani non per farli esordire in maniera tranquilla bensì per la necessità di vedere qualcosa di diverso in campo, con la possibilità di bruciarli anzitempo. L’infermeria troppo piena, il centrocampo disunito, la difesa facilmente penetrabile, i numeri di un modulo che gira e rigira non funziona più.
Le “piccole cose” di Alessandra Amoroso servono a raggiungere l'”euforia”, ma questa canzone ha altri importanti spunti di riflessione che rispecchiano il momento del Catania: “Quello che si dice: convivere con l’ansia“. Quante volte i rossazzurri sono ansiosi e non giocano in maniera tranquilla? Un po’, come dicevamo prima, per la fiducia nei propri mezzi mai avuta e un po’ anche per la lontananza dei tifosi etnei che si dicono stanchi di “stare al passo con una squadra che non merita il nostro sostegno”. Una passione che con il tempo si sta sempre più disperdendo.
“Quante macchine compriamo in leasing, che non ci danno l’emozione della prima bici“: una proposizione dedicata ai tifosi. Tantissimi i nomi “grossi” portati in questa stagione a Catania, nessuno però ha dato quel qualcosa in più che ci si aspettava dall’inizio. Basti pensare alla campagna acquisti di gennaio che ha deluso per il rendimento in campo. Sono queste le “macchine” che avrebbero dovuto rimpiazzare le emozioni “della prima bici”. Non bastano i nomi quindi: Il calcio insegna che a volte basterebbero piccole cose per far girare tutto nel verso giusto.
Cambiando scenario, un dettaglio da non tralasciare è che il Catania è aritmeticamente salvo, avendo quindi la certezza di giocare anche il prossimo anno in Lega Pro. “Quanta fatica per salire in cima“: i rossazzurri hanno raggiunto la salvezza grazie alla vittoria di ieri del Cosenza sull’Akragas rendendo la sconfitta di Monopoli meno amara. Alcuni l’hanno definita “l’unica notizia positiva di giornata”. Ma, nonostante la salvezza, a questa squadra restano ancora una volta le critiche.
Chi si aspettava grandi cose, è stato deluso, perchè alla base mancano quelle “piccole”. Chi non si aspettava niente, è stato deluso ugualmente, perché non ha mai raggiunto l’“euforia”.
Ma il catanese tipo, con la sua capacità di ironia, direbbe sorridendo amaramente: “Che state aspettando? Oggi tutti in piazza Duomo a festeggiare la salvezza!”.
Catania, “quanti anni ci vogliono per raggiungere l’euforia e le piccole cose che non hai ancora?”
CATANIA – “Quanti anni ci vogliono, per raggiungere l’euforia, per le piccole cose che non hai ancora?”.
Si interroga così Alessandra Amoroso nel suo ultimo singolo “Piccole Cose”, che calza a pennello per tentare di spiegare l’ennesimo capitombolo del Catania, stavolta al “Veneziani” di Monopoli. I rossazzurri sono stati sconfitti con il passivo di 3-0 e meritatamente. La squadra allenata da Giovanni Pulvirenti ha inizialmente tentato di mantenere i ritmi della partita bassi, così come anche il Monopoli, e sembrava esserci riuscita visto che a 5′ dalla fine del primo tempo il risultato era ancora inchiodato sullo 0-0. Poi, ancora una volta, su calcio piazzato, il Catania ha preso goal dal capitano dei biancoverdi Esposito.
Come è accaduto nelle ultime partite, la squadra avrebbe dovuto demoralizzarsi a causa dello svantaggio. Questa volta, però, una reazione c’è stata: Pozzebon l’occasione per pareggiare l’ha avuta. Ottimo filtrante dalla sinistra di Scoppa dentro l’area per Manneh che mette in mezzo un pallone a mezz’altezza perfetto per il centravanti del Catania. Pozzebon colpisce di testa ma sbaglia: una difficoltà realizzativa dei rossoazzurri evidente nelle ultime uscite. Il mancato pareggio, quindi, ha fatto crollare il fragile muro del Catania.
La ripresa è brutta sotto tutti gli aspetti: i subentrati Russotto e Barisic non trovano il guizzo. Non c’è occasione di ripartenza, vengono sbagliati i passaggi più semplici.
A questo Catania mancano le “piccole cose“, che sembrano essere gigantesche. L’azione manovrata, la fiducia nei propri mezzi e la convinzione di essere già sconfitti sono dettagli che fanno la differenza e, se non verranno rimossi nella mente dei calciatori, il Catania rischia di perdere le altre due sfide rimanenti. Per questa ragione in molti chiedono a gran voce il ritorno di Pino Rigoli sulla panchina etnea, non per la speranza di fare un miracolo ma per “ridare dignità a questa squadra, almeno adesso”. Tra l’altro, non è utopia ricordare che gli etnei hanno soltanto tre punti di distanza dal decimo posto e due dall’undicesimo, entrambi validi per i play-off qualora il Matera vincesse la Coppa Italia Lega Pro.
foto: DataSport
E allora, tornando alla frase d’apertura, “Quanti anni ci vogliono, per raggiungere l’euforia?”: quanto tempo serve al Catania per ritrovarsi come una squadra capace di lottare e sapersela giocare con tutti? Quanto tempo occorre ai tifosi e ai calciatori per vivere un fine settimana sereno e poter dire fieramente “Oggi abbiamo fatto una grande vittoria”? Quell’euforia che nel calcio conta, quanto tempo ci vorrà per raggiungerla? Ormai sembra essere scomparsa, sia dalla parte di chi scende in campo e sia dalla parte di chi le partite le guarda. Ne sono testimoni le 7 sconfitte in 9 partite, ne è prova la chiamata dei giovani non per farli esordire in maniera tranquilla bensì per la necessità di vedere qualcosa di diverso in campo, con la possibilità di bruciarli anzitempo. L’infermeria troppo piena, il centrocampo disunito, la difesa facilmente penetrabile, i numeri di un modulo che gira e rigira non funziona più.
Le “piccole cose” di Alessandra Amoroso servono a raggiungere l'”euforia”, ma questa canzone ha altri importanti spunti di riflessione che rispecchiano il momento del Catania: “Quello che si dice: convivere con l’ansia“. Quante volte i rossazzurri sono ansiosi e non giocano in maniera tranquilla? Un po’, come dicevamo prima, per la fiducia nei propri mezzi mai avuta e un po’ anche per la lontananza dei tifosi etnei che si dicono stanchi di “stare al passo con una squadra che non merita il nostro sostegno”. Una passione che con il tempo si sta sempre più disperdendo.
“Quante macchine compriamo in leasing, che non ci danno l’emozione della prima bici“: una proposizione dedicata ai tifosi. Tantissimi i nomi “grossi” portati in questa stagione a Catania, nessuno però ha dato quel qualcosa in più che ci si aspettava dall’inizio. Basti pensare alla campagna acquisti di gennaio che ha deluso per il rendimento in campo. Sono queste le “macchine” che avrebbero dovuto rimpiazzare le emozioni “della prima bici”. Non bastano i nomi quindi: Il calcio insegna che a volte basterebbero piccole cose per far girare tutto nel verso giusto.
Cambiando scenario, un dettaglio da non tralasciare è che il Catania è aritmeticamente salvo, avendo quindi la certezza di giocare anche il prossimo anno in Lega Pro. “Quanta fatica per salire in cima“: i rossazzurri hanno raggiunto la salvezza grazie alla vittoria di ieri del Cosenza sull’Akragas rendendo la sconfitta di Monopoli meno amara. Alcuni l’hanno definita “l’unica notizia positiva di giornata”. Ma, nonostante la salvezza, a questa squadra restano ancora una volta le critiche.
Chi si aspettava grandi cose, è stato deluso, perchè alla base mancano quelle “piccole”. Chi non si aspettava niente, è stato deluso ugualmente, perché non ha mai raggiunto l’“euforia”.
Ma il catanese tipo, con la sua capacità di ironia, direbbe sorridendo amaramente: “Che state aspettando? Oggi tutti in piazza Duomo a festeggiare la salvezza!”.