Ma dove finiscono i beni sequestrati alla mafia?

Ma dove finiscono i beni sequestrati alla mafia?

PALERMO – Oltre 17 miliardi di euro di evasione fiscale, recuperati nell’anno 2016 dall’Agenzia delle Entrate. Un grande traguardo raggiunto per la grossa cifra, ma sempre bassa rispetto alle stime sull’evasione fiscale pari a 109 miliardi, tre volte di più della manovra finanziaria del 2017. Chiaramente, è un successo, per il Ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan. Non vi è alcun dubbio!

E a proposito di dubbi, ormai ce lo chiediamo da anni, ma dove vanno a finire i beni e i tesori sequestrati alla mafia? Moltissime aziende agricole; lussuose ville; abitazioni civili, rurali; centri e attività commerciali, fiumi di denaro, nel corso di lunghi anni, sono stati prima sequestrati, alcuni anche restituiti, ma la maggior parte, poi, confiscati. Il numero dei beni confiscati, solo in Sicilia, risulta più di diecimila, di cui solo alcuni ceduti a cooperative ed Associazioni Onlus, ma la consistente massa restante che fine ha fatto? Mai che qualche ministro o altro rappresentate delle Istituzioni abbia tenuto a dire: “Sapete con questi patrimoni abbiamo realizzato questo progetto, o sono serviti per raddrizzare il debito pubblico”.

Insomma niente di niente. Di certo c’è solo che alla giudice Silvana Saguto e compagni sono stati sequestrati 900 mila euro, perché indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione di beni sequestrati alla mafia. In termini più chiari, i beni sequestrati alle organizzazioni mafiose, sono stati prima confiscati, poi affidati a un magistrato poco onesto e di nuovo sequestrati. È come il cane che si morde la coda.

Pazienza non c’è fine agli scandali. Per non parlare di tecnici, nominati dai giudici e dalle prefetture per la gestione di grosse strutture commerciali e industriali sequestrate alla mafia, che sono stati oggetto di scandalo per redditi faraonici o per allegre gestioni, tutte indirizzate a lauti profitti personali. Consentiteci la battuta: “Purtroppo è sempre colpa della burocrazia italiana?” O per come la pensano i siciliani: “Cù sparti c’avi sempri a megghiu parti!”.

Giuseppe Firrincieli