La necessità di una specifica formazione

La necessità di una specifica formazione

Domenico Grimaldi

Comprendere la necessità di una specifica formazione. La Medicina generale è una disciplina medica che per tradizione e cultura è stata tenuta fuori dai luoghi abituali di produzione della conoscenza, non avendo avuto una chiara legittimazione del proprio modo specifico di operare. Si parla e si scrive di medicina generale, dei suoi contenuti e metodi, del suo modo di agire, ma non vi è stato in tal senso credito scientifico tanto da essere considerata ancora come una scienza a sè.

In genere il medico di medicina generale è stato considerato un utilizzatore passivo di pratiche cliniche e metodi di approccio elaborati da altri soggetti. Con il trascorrere del tempo la medicina da arte diviene scienza con un sapere disciplinare, per cui il luogo di esercizio della medicina diviene l’ospedale atto a curare malattie, che tuttavia nascono o si generano nella società. Si legittima in pratica ciò che è scientifico, separandolo da ciò che è empirico, tradizionale, non sicuro ma incerto. La scienza viene sottratta alla dimensione diffusa, al sapere comune, viene di fatto collocata in una istituzione chiusa.

La didattica segue la stessa strada e la formazione viene affidata alle istituzioni preposte, basandosi su sintomi e malattie, su patogenesi e strategie di inquadramento. La medicina generale è il frutto finale di un diverso modo di fare scienza e conoscenza. Il medico, all’Università, viene formato indipendentemente dal luogo in cui andrà a lavorare in quanto si pensa alla malattia come entità clinica con una causa, un decorso ed un esito. Il malato ne deriva che è considerato un portatore indifferente della malattia.

Tutte le differenze fra un soggetto ed un altro sono considerate solo fattori di confondimento, da azzerare per raggiungere la purezza della conoscenza. Lo sguardo del medico non incontra il malato ma solo la malattia, si tratta solo di biologia e non di biografia. La soggettività dell’uomo malato scompare con la puntuale ricerca della oggettività, di segni, di sintomi e di quadri clinici.

Questa è in realtà la attività medica in ospedale. La storia del malato viene lasciata fuori, la anamnesi è solo un elenco oggettivo di fatti accaduti che non si legano mai alla storia naturale ed alla biografia della persona malata. Si dovrà recuperare il senso narrativo della medicina per una migliore comprensione della storia di un uomo malato. La verità sta nel fatto che si deve avere non solo tecnica e conoscenza scientifica, ma anche Ethos umanitario.

Scienza e tecnica possono essere appresi e rappresentano l’oggettività, la componente umanitaria può risultare di impiccio in quanto una condizione di malattia, vissuta attraverso una umana esperienza, può cambiarne le caratteristiche condizionando anche la prognosi. Essere orientati al malato e non alla malattia necessita in un medico della capacità ed abilità di tollerare l’incertezza, di vivere condizioni precarie, con oscillazione fra oggettività e relazione col malato.

La capacità di lavorare nell’incertezza è una delle caratteristiche del medico di medicina generale che si prende cura di malati, là dove vivono. Il medico di m.g. deve sempre avere il senso della situazione, non consentendo che ad una richiesta o ad una visita segua sempre un approfondimento se non dovuto. Ogni giorno deve essere in grado di sperimentare un modello nuovo di conoscenza della realtà. L’occhio clinico, la capacità di cogliere con l’osservazione quanto utile al malato, determina le migliori condizioni per procedere con schemi non usuali ma ricchi di informazioni sia per il medico che per il malato stesso.

Nell’agire clinico vi è la conoscenza formale, secondo procedure logiche della disciplina, ma vi è anche un sistema informale di conoscenze che non è disciplinare. Occorre attivare i tre saperi fondamentali, quello scientifico, quello sociale e quello soggettivo individuale. Attivare e connettere i tre saperi di base significa porre in essere l’occhio clinico che non rappresenta altro che la capacità intuitiva. Il medico di famiglia deve saper fornire risposte decodificando i messaggi ricevuti, senza tecnologia, attuando una pratica professionale unica nel suo genere.