PALERMO – Per intimidire il sindaco di Cerda e costringerlo a scendere a patti con l’organizzazione non hanno esitato a bruciargli tre auto parcheggiate sotto casa. “Ci dobbiamo prendere il paese nelle mani” ripetevano al telefono i boss mafiosi, ignari di essere intercettati dai carabinieri.
È quanto emerge dall’inchiesta che, questa mattina, ha portato all’arresto di 33 persone indicate dagli investigatori come affiliate ai mandamenti di Trabia e San Mauro Castelverde.
Le indagini hanno accertato che quattro anni fa i padrini riuscirono a far dimettere il sindaco di Cerda, Andrea Mendola, che non si era voluto piegare alle mire dei clan.
Dopo l’incendio delle auto, avvenuto il 30 ottobre 2012, Mendola chiese aiuto e poi presentò le dimissioni denunciando di “essere stato lasciato solo”.
Le indagini della Procura di Palermo e dei carabinieri hanno confermato che dietro a quella pesante intimidazione c’era la mano di Cosa Nostra.
“Gli diamo di nuovo il colpo, di nuovo fuoco ed è finita. Si deve prendere le carte e se ne deve andare. Non si e’ messo contro di me… non ti preoccupare… Deve prendere i tacchi e se ne deve andare. Ora la bruciamo…”.
Così parlavano i mafiosi intercettati mentre pianificavano le intimidazioni proprio contro Mendola. Un passaggio che prova il tentativo delle cosche di condizionare la politica, l’amministrazone e la gestione delle opere pubbliche.
Ad agire alcuni degli arrestati, tra cui Gandolfo Interbartolo, Stefano Contino e Gaetano Muscarella. E al sindaco non gli veniva perdonato proprio di non essere “vicino” alle istanze del mandamento mafioso. In un’altra intercettazione uno degli arrestati rivendicava quel rogo: “Minchia tutte in aria sono saltate… Boom… tutte in aria…”.