MESSINA – Molotov, proiettili, lettere intimidatorie. Il gravissimo agguato di oggi contro il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, salvato dalla polizia da un commando che ha fatto fuoco contro la blindata, è il culmine di una strategia intimidatoria ricondotta alla mafia del pascolo.
La reazione rabbiosa di clan ancora legati all’affare della terra, e che assieme ad Antoci ha avuto tra i suoi obiettivi anche il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta che in passato ha presentato un dossier alla procura descrivendo gli appetiti delle cosche su questo versante.
“Ne avete per poco tu e Crocetta. Morirete scannati”, si leggeva in una minacciosa missiva recapitata a dicembre 2014 negli uffici del Parco dei Nebrodi di Sant’Agata di Militello.
A luglio 2015, invece, una molotov con la scritta “Ve ne dovete andare”, era stata fatta trovare presso le aree attrezzate di Piano Cicogna a Cesarò (Messina), per molti anni chiuse e inutilizzate e da alcuni mesi affidate in gestione a un gruppo di giovani.
“Coloro che pensano che, attraverso questi ignobili segnali, si possa ritornare al passato, fermando l’opera di lotta all’illegalità, stiano certi che ciò non accadrà, non si arretrerà di un passo”, era stata la risposta del dirigente.
Non è tutto. Una busta contenente cinque proiettili calibro 9 a dicembre dell’anno scorso era stata fatta trovare presso gli uffici della presidenza del Parco. In quei mesi erano state annullate, per infiltrazioni mafiose, alcune gare e revocati alcuni contratti di concessioni di terreni demaniali grazie al protocollo di legalità sottoscritto con la prefettura di Messina.
Erano stati ‘liberati’ i terreni dalla mafia attraverso l’obbligatorietà del certificato antimafia, che di fatto da allora ha impedito a esponenti di Cosa nostra di ricevere contributi europei, contrastando fenomeni come gli abigeati, la macellazione clandestina e i furti in agricoltura. Un fenomeno non presente solo nel Messinese.
Nel novembre 2015 la prefettura di Enna aveva sollecitato e ottenuto la rescissione di tutti i contratti di affitto dei terreni demaniali del Comune di Troina, gestiti dall”Azienda speciale Silvopastorale istituita quasi 70 anni fa dalla Regione siciliana, proprio per gestire il grande patrimonio terriero e immobiliare dell’amministrazione.
Era stato il ministero dell’Interno a delegare alla prefettura il compito di nominare una commissione d’indagine per verificare eventuali forme di condizionamento, tali da compromettere il buon andamento dell’azienda e il corretto utilizzo del suo patrimonio.
La commissione prefettizia aveva accertato l’incombente presenza di personaggi legati alla criminalità organizzata che sarebbero riusciti a impedire l’aumento dei canoni che sono rimasti tra i 15 ed i 30 euro per ettaro, a fronte di contributi comunitari per circa 300 euro per ettaro, ma anche a impedire che per gli affitti si procedesse a regolari bandi pubblici.