“Questa creatura è cosa nostra!”: a settembre il battesimo discusso, oggi l’arresto

“Questa creatura è cosa nostra!”: a settembre il battesimo discusso, oggi l’arresto

CATANIA  Nove mesi fa  si difendeva da coloro che lo ritenevano vicino alla criminalità organizzata per l’infelice frase “Questa creatura è cosa nostra“. Oggi proprio lui, Francesco Rapisarda è in manette.

A far discutere, a settembre, è stato un cartellone pubblicitario che avvisava la cittadinanza dell’imminente evento: il battesimo del piccolo Antonio Felice Rapisarda, suo figlio. Ma ad alzare il polverone non fu la semplice, per quanto di poco gusto, pubblicizzazione dell’avvenimento sacro del neonato, quanto la significativa frase di cui parlavamo poc’anzi: “Questa creatura è cosa nostra”, evidente segnale che il piccolo Antonio appartiene ad un contesto malavitoso.

Ed effettivamente il padre Francesco, meglio conosciuto nel rione con l’appellativo di “Ciccio Linfa“, è un pregiudicato vicino al clan catanese dei Laudani

Ma si sa, il nostro è uno Stato garantista. Solo chiacchiere fino a quando non interviene la giustizia, come dichiarò lo stesso Rapisarda al tempo.

A confermare i sospetti di tutta l’Italia è stata l’operazione “Caterpillar“, portata avanti dalla Polizia di Stato e dalla Procura di Catania, che ha incastrato la banda criminale dedita agli scassi ad opera di bancomat e casseforti nella provincia etnea, di cui Rapisarda era esponente di spicco. L’uomo è stato arrestato e portato nel carcere di piazza Lanza. 

Sarebbe opportuno un bel cartellone diffuso in tutta la città di Catania con scritto “Ha vinto la legalità”, in risposta a quelle parole provocatorie in cui si sottolineava l’egemonia mafiosa in una comunità sempre più assoggettata ai criteri di Cosa nostra che dovrebbe rivendicare giorno dopo giorno che questa è “Casa nostra“.