CATANIA – I silenzi sono pennelli. Dipingono a tinte fosche. E certi ritratti inquietano. Più li osservi, più inquietano. Più li osservi, più non comprendi.
Prendete quello di Ivan Lo Bello. Sta lì, muto, appeso alla parete di una Sicilia che pace non ha. La Sicilia degli scandali. Così come quello che coinvolge la gestione del porto di Augusta. Muto, nonostante i suoi ruoli istituzionali imporrebbero una presa di posizione, un parere. Muto, nonostante la vicenda lo tiri in ballo come presunto suggeritore di nomine, quella di Alberto Cozzo, l’attuale commissario dell’autorità portuale di Augusta; lo stesso Cozzo al quale Gianluca Gemelli, l’imprenditore augustano che trattatava “come una camereria del Guatemala” la fidanzata ex-ministro Federica Guidi per ottenere favori nei propri affari, in una intercettazione dello scorso maggio dice che “Lucia Borsellino andrebbe eliminata”.
Cioè, scuotiti Ivanhoe, detto Ivan, Lo Bello. Scuotiti. Ma sta lì, appeso alla parete. E non favella. Certo, perché dovrebbe adesso? Non lo ha fatto quando la sua Confindustria Sicilia, quella di cui è ex presidente ed attuale past president, è stata imbrattata con la scritta più infamante, più vergognosa: MAFIA. L’attuale presidente, nonché amico e braccio destro, Antonello Montante è indagato per concorso esterno all’associazione mafiosa.
È lo stesso Montante che il 25 febbraio di due anni fa, in un incontro con la Giunta comunale di Catania, seduto accanto a un annuente e onicofago sindaco Enzo Bianco, bellamente dichiara che la burocrazia era peggio della mafia.
Montante dixit 1: “Quello della mafia (il pizzo), lo dico pubblicamente secco, si può pianificare”.
Montante dixit 2: “La mafia ti fa pagare mille euro al mese, diecimila euro al mese. Tu ti organizzi, ce li hai, li metti in un conto economico in nero”.
Montante dixit 3: “Ma il costo della burocrazia e degli imbuti creati ad hoc non sono calcolati, sono quelli che fanno fallire le imprese”.
Il tutto nel silenzio dei presenti. Anche allora, il silenzio. Ancora allora, tutti muti. Una provocazione, dirà imbarazzato al termine dell’incontro rispondendo alla domanda di un giornalista, anche se il tono era sembrato quello di una analisi, nulla di sarcastico.
Cioè, stiamo parlando dell’ente che dovrebbe garantire la limpidezza del tessuto produttivo siciliano. Cioè, stiamo parlando dell’ente che dovrebbe garantire la sopravvivenza e lo sviluppo economico dei siciliani. Cioè, stiamo parlando dell’ente che dovrebbe essere l’esempio degli esempi, cristallino che più cristallino non si può. Ed il suo presidente saldamente ancorato alla poltrona è indagato per avere favorito la mafia. Ed il suo past president, nonché amico, compagno etc.etc.etc dell’indagato resta muto.
Il silenzio non è ammissibile. Che diamine. La casa è avvolta dalle fiamme e manco un cenno? E così piacevole arrostirsi per bene?
Eppure sembra il trend del momento. Oggi più di ieri. Prendete Enzo Bianco, ancora lui. Non parla manco se minacciato di essere sottoposto alla tortura del solletico. Tanto nulla sembra solleticarlo, soprattutto quando c’è da dare spiegazioni o bisogna esporsi, metterci voce e faccia.
Il sindaco di Augusta Maria Concetta Di Pietro ci ha raccontato altri retroscena sul caso che coinvolge il porto della sua città. Ci ha ribadito quanto già dichiaratoci, cioè che non ha mai nemmeno lontanamente immaginato di sponsorizzare Cozzo al ministro Delrio, che poi ha fatto marcia indietro rivedendo certe dichiarazioni che avevano tirato in ballo l’esponente pentastellata. Ci ha ribadito di non avere avuto rapporti con Lo Bello. Ci ha ribadito che “si sta strumentalizzando una vicenda per sottrarre ad Augusta la sede del sistema di autorità portuale che governerà i porti da Messina-Milazzo a Pozzallo. Ma non accadrà. Il nostro è l’unico porto Core, la sede deve rimanere qui. E poi è chiaro che si tratta di un vassoio d’argento servito ai vari Crocetta e Bianco, che all’indomani della decisione di stabilire la sede ad Augusta si sono ribellati”.
Ed ecco Bianco. Ecco il dettaglio inedito: “All’indomani del suo parere contrario alla nostra promozione – dice Maria Concetta Di Pietro – ho chiesto subito un confronto col sindaco Bianco per manifestargli la mia voglia di collaborare con Catania, di porre le basi per una sinergia che facesse il bene dei nostri territori, dei nostri cittadini. Non ho mai ricevuto alcuna risposta. Nulla di nulla. Evidentemente per alcuni il prestigio e gli interessi personali sono più importanti di quelli della gente per la quale si dovrebbe amministrare il meglio possibile. Per me è importante lo sviluppo del territorio. Per altri non so”.
Silenzio. Muti.
Alessandro Sofia