PALERMO – Un insieme di associazioni per tutelare il mare siciliano. Gli ambientalisti hanno fatto fronte comune contro le trivellazioni petrolifere recentemente autorizzate dal decreto 149/14 emanato dal ministero dell’Ambiente. Ieri al Tar del Lazio è stato presentato un ricorso per bloccare il progetto che prevede la creazione di otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti nel mare compreso tra Gela e Licata.
A firmare l’atto sono stati Legambiente, Wwf, Lipu Birdlife, Italia Nostra, Touring club Italia, Legacoop pesca Sicilia, Anci Sicilia. In più hanno aderito anche i comuni di Licata, Ragusa, Scicli, Palma di Montechiaro e Santa Croce Camerina.
Per gli ambientalisti occorre bloccare l’assalto al mare siciliano già “colonizzato” dalle compagnie petrolifere per oltre 12mila chilometri attraverso la concessione di cinque permessi di ricerca. In più al vaglio dell’amministrazione regionale vi sono altre quindici richieste di concessione.
“È la prima volta che un fronte così ampio si schiera compatto contro le trivellazioni off-shore, confermando che la tutela del mare – hanno affermato gli ambientalisti in una nota – e la volontà di seguire una strada ben diversa da quella fossile non sono solo una priorità per gli ambientalisti, ma una necessità, anche per le amministrazioni locali e per chi rappresenta attività economiche fondamentali per il paese come il turismo e la pesca”.
Si registra particolare fibrillazione per la provincia di Ragusa. Esiste già un investimento di circa 2,4 milioni di euro di diverse società (tra cui Assomineraria, Enimed, Edison e Irminio Srl) per portare avanti l’attività petrolifera nella zona iblea.
A insorgere sono i sindaci iblei di Ragusa, Scicli e Santa Croce che hanno aderito al ricorso al Tar. Il sindaco del capoluogo Federico Piccitto ha rimarcato il fatto che “il paesaggio è ciò che possiamo vendere ai turisti e il turismo è l’indirizzo politico su cui vogliamo investire maggiormente”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il primo cittadino di Santa Croce, Franca Iurato: “Da più di un anno siamo impegnati nella battaglia contro le trivellazioni e il nostro è stato uno dei primi comuni ad aderire alle iniziative dell’Anci”.
Altre zone dell’isola sono minacciate dalle attività estrattive. Si tratta di Agrigento ove in un’area di seimila chilometri quadrati potrebbero esserci delle attività per individuare le aree di maggior interesse per la ricerca di idrocarburi. In stand by, perché in fase di valutazione di impatto ambientale, vi sono quattro piattaforme che andrebbero ad aggiungersi alle altre quattro già attive.
Le associazioni evidenziano come sia importante il ricorso presentato alla luce sia del decreto Sblocca Italia sia per il progetto off shore nella zona iblea che ha ricevuto parere positivo dal ministero.
“Il timore – prosegue la nota dei gruppi ambientalisti – è che, visti i numerosi procedimenti di valutazione d’impatto ambientale in corso si proceda nello stesso modo per tutte le altre richieste presentate dai petrolieri nel Canale di Sicilia, almeno 14 al momento”.
In Sicilia si estrae il 18% circa della produzione nazionale di petrolio e per questo motivo Legambiente reputa che “non si deve continuare a offendere la costa siciliana”.
Il Comitato ibleo “No triv” ha predisposto una serie di eventi. Il prossimo fine settimana (27-28 settembre) a Scicli sarà avviato un volantinaggio di sensibilizzazione sulla problematica delle trivellazioni e delle perforazioni.
Mentre sabato 4 ottobre, sempre a Scicli, si terrà un’assemblea pubblica con associazioni, movimenti, partiti politici e rappresentanti istituzionali.
Inoltre il comitato ha deciso di chiamare in causa i consigli comunali dei 12 comuni iblei, inviando una lettera ai presidenti dei Consessi e ai sindaci, per chiedere la convocazioni di consigli aperti per affrontare l’argomento trivellazioni, tutela del territorio e altre forme di produzione di energia.
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