Nuove dichiarazioni del pentito Carmelo D’Amico sulla morte del medico Attilio Manca

Nuove dichiarazioni del pentito Carmelo D’Amico sulla morte del medico Attilio Manca

BARCELLONA POZZO DI GOTTO – Continua il processo per l’omicidio Manca, avvenuto il 12 febbraio del 2004, con le dichiarazioni del pentito Carmelo D’Amico, ascoltato dal giudice Antonio Albanese e dai sostituti della Direzione Distrettuale Antimafia Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo.

Secondo quanto emerge dai verbali depositati ieri al Tribunale del Riesame ci sarebbero nuovi risvolti sulla morte dell’urologo Attilio Manca e sui beni confiscati a Salvatore Rugolo, cognato del boss Pippo Gullotti, morto qualche anno fa.

Tali dichiarazioni si inseriscono nell’ambito del processo contro Saro Cattafi, già condannato in primo grado a 18 anni perchè capomafia a Barcellona. Inseguito fu riconosciuto come semplice affiliato avendo così avuto ridotta la pena a 7 anni di reclusione e lo scorso 4 dicembre 2015 è riuscìto a tornare in libertà.

Nella giornata di oggi sono state rese note alcune parti del verbale contenente il racconto di Carmelo D’Amico con queste dichiarazioni: “Poco dopo la morte dell’urologo Attilio Manca, avvenuta a Viterbo nel 2004, incontrai a Barcellona Salvatore Rugolo, fratello di Venerina e cognato di Pippo Gullotti. Lo incontrai a Barcellona,  in un bar che fa ad angolo, situato sul ponte di Barcellona, collocato vicino alla scuola guida Gangemi. Una volta uscito da quel bar Rugolo mi disse che ce l’aveva con Saro Cattafi, perchè ‘aveva fatto ammazzare Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, vicino e collegato agli ambienti della ‘Corda Fratres’,  aveva chiesto a Cattafi per conto di Bernardo Provenzano di contattare il suo amico Attilio Manca in modo che questi l’operasse di prostata”.

Già tempo fa D’Amico aveva rivelato ai carabinieri barcellonesi che Salvatore Rugolo portava rancore nei confronti di Cattafi perchè lo riteneva responsabile della morte di Attilio Manca, sicuramente non avvenuta per overdose.



Durante la sottoscrizione del verbale il pentito D’amico fa anche espresso riferimento a un colloquio con Nino Rotolo, conosciuto come il boss di Pagliarelli, avvenuto nel carcere di Milano Opera dove entrambi erano detenuti in regime di 41bis. 

In quell’occasione, afferma D’Amico, questi gli confidò che furono proprio i servizi segreti ad individuare l’urologo come medico che avrebbe dovuto curare Provenzano:Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicata da Rugolo, ossia quel Generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle Istituzioni”

Stando al racconto del pentito Nino Rotolo ad occuparsi di quell’omicidio fu il militare, chiamato “u calabrisi”, bravo a far apparire come suicidi quelli che invece erano omicidi a tutti gli effetti.

Ad esprimersi su queste nuove dichiarazioni è stata la madre di Manca, la signora Angela che ha dichiarato: “Sto versando per la prima volta quelle lacrime che tengo dentro da 12 anni. Sono addolorata, ma felice che la verità che mi è stata negata anche da quello Stato e da quelle Istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini, finalmente viene fuori attraverso i pentiti. Oggi è un grande giorno per il trionfo della verità e della giustizia”.