CATANIA – E’ stato aperto un fascicolo sulla morte del pregiudicato Daniele Di Pietro, ieri a Librino. L’omicidio è ora al vaglio della magistratura. Il pm Giuseppe Gennaro della Direzione Investigativa Antimafia di Catania sta seguendo le indagini per provare a far tornare i conti che al momento non quadrano proprio.
Il trentanovenne catanese, nel primo pomeriggio di ieri è stato assassinato davanti a casa sua, al civico nove di viale Bummacaro.
Da una prima ricostruzione dell’agguato, due sicari si sarebbero avvicinati mentre l’uomo stava aprendo il portone di casa scaricandogli addosso più di dieci colpi di pistola.
Di Pietro, inizialmente ha tentato una disperata fuga nascondendosi dietro una macchina parcheggiata ma subito dopo si è accasciato a terra mentre i killer scappavano. Nel quartiere c’è chi si è affacciato per capire cosa stesse accadendo e chi ha preferito abbassare le serrande secondo il rituale omertoso del “non vedo, non sento e non parlo”.
Ma c’è stato anche chi ha avvertito il 118 che ha trasportato d’urgenza l’uomo al pronto soccorso del Vittorio Emanuele. Per Daniele Di Pietro non c’è stato nulla da fare. Infatti, l’uomo arrivato in ospedale è morto.
“Io ero a casa con i miei genitori – spiega una ragazza che abita nella zona – e poco dopo pranzo abbiamo sentito diversi colpi di pistola. Non abbiamo visto nulla se non poi le macchine dei carabinieri che sono arrivate sul posto. La via è stata transennata per qualche ora“.
Un giallo che ancora non trova spiegazioni, ci sono diversi interrogativi da chiarire e su questo stanno lavorando i carabinieri della compagnia di Fontanarossa e del reparto operativo di Catania coordinati dalla DDA.
Un regolamento di conti? In quartieri come Librino o San Cristoforo, per fare degli esempi, di episodi simili ne abbiamo già visti negli anni. C’è ancora chi ritiene di lavare i panni sporchi in casa in questo modo.
E anche l’omicidio di ieri potrebbe essere legato alla criminalità organizzata. Di Pietro a 21 anni venne arrestato durante un’operazione anti-droga contro gli esponenti di una banda che commerciavano eroina e marijuana con Reggio Calabria. I suoi fratelli Angelo e Orazio vennero assassinati anni fa. A consegnarsi agli inquirenti proprio per l’omicidio di Orazio è stato il collaboratore di giustizia Vincenzo Fiorenti, esponente del clan Cappello.