PALERMO – “La Regione Siciliana, con la spinta di tutti voi che rappresentate le comunità locali, deve avviare i lavori per adeguare la rete sanitaria regionale. I siciliani, che pagano tasse elevatissime per ottenere il servizio, meritano una qualità migliore del sistema. E se è questa la battaglia, allora sappiate che il ministro della Salute sarà sempre al vostro fianco”.
A dirlo è il ministro della salute, Beatrice Lorenzin, riguardo alla spinosa vicenda che ha portato alla chiusura di quattro punti nascita in Sicilia (Santo Stefano di Quisquinia, Lipari, Mussomeli e Petralia Sottana).
“Faccio io un appello a voi e alla Regione Siciliana, – continua il ministro – così come a tutte quelle che ancora non hanno le carte in regola sulla rete delle nascite, di creare le condizioni perchè le donne di Petralia, Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Ganci, Geraci Siculo, Petralia Soprana, Polizzi Generosa vivano con gioia e in sicurezza il momento più bello della loro vita.”
“Ho letto con attenzione il vostro appello – ha aggiunto – e la mia sensibilità di ministro, donna e madre mi impone di rispondervi immediatamente, in modo molto chiaro, franco e diretto, facendomi io portavoce delle istanze delle donne dei vostri comuni. Lo faccio apertamente con il dolore che provo per quelle famiglie che in queste ore stanno piangendo figlie, mogli e bimbi per tragedie avvenute in grandi ospedali che pur avevano i requisiti standard di sicurezza.”
Il ministro ha poi sottolineato che “non è accettabile che un’intera zona del territorio italiano oggi viva il disagio di avere un punto nascita privo della garanzia della presenza in guardia attiva h24 di ginecologi, pediatri,neonatologi ed ostetriche. E’ stata la stessa Asp di Palermo nell’analisi presentata al tavolo del Comitato Percorso Nascita Nazionale a sottolineare l’inadeguatezza in termini di sicurezza del punto nascita di Petralia.”
“Per questo sono io,- ha concluso la Lorenzin – che dopo il caso Nicole a Catania ho preteso nuove linee guida per l’emergenza neonatale, a chiedere oggi alla Regione Siciliana di mettere in campo gli strumenti perchè in tutte le zone dell’Isola le donne possano avere la garanzia di quegli standard di sicurezza che oggi fanno della sanità italiana uno dei Paesi più avanzati del mondo in cui fare nascere i bambini.”
Intanto continua la bufera dopo la chiusura dell’ultimo punto nascita a Petralia Sottana. Il vicesindaco di Castellana Sicula, Vincenzo Lapunzina, insieme ai sindaci degli altri comuni delle Madonie, Alimena, Bompietro, Gangi, Geraci Siculo, Petralia Soprana, Polizzi Generosa ha inviato una lettera al ministro della Salute Beatrice Lorenzin a seguito del provvedimento del 31 dicembre 2015, con il quale è stata disposta la chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale “Madonna dell’Alto” di di Petralia Sottana, costringendo partorienti e pazienti del reparto, a dover affrontare almeno 75 chilometri di strada per raggiungere l’ospedale più vicino, quello di Termini Imerese.
“Il punto nascita di Petralia Sottana verrebbe chiuso perchè non rispetta gli standard di sicurezza? – si legge nella lettere indirizzata al ministro – Quale sicurezza c’è nel mettersi in viaggio in queste condizioni per diversi chilometri? Spostarsi a Termini Imerese è, forse, più sicuro che partorire a Petralia Sottana? Assolutamente no. In questo spostamento non c’è alcuna sicurezza. Anzi, il rischio che il parto sfoci in una tragedia è elevatissimo”.
Sorte inversa ha avuto il reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale “San Giacomo d’Altopasso” a Licata, salvato in extremis insieme al punto nascita di Bronte e che ha sollevato non poche polemiche.
“Nessun miracolo. E nessuna alchimia politica. Semmai la politica, nel caso di Licata, ha riaperto gli occhi, riparando ad un torto che si stava per consumare ai danni di quel territorio” – afferma il vice presidente della commissione Sanità all’Assemblea regionale siciliana in quota Ncd, Vincenzo Fontana.
“La proroga ottenuta dal nosocomio licatese – spiega Fontana – è frutto di numeri, di parametri e di situazioni che gridavano oggettivamente vendetta rispetto all’annunciata chiusura del punto nascite, fissata per il 31 dicembre scorso. Innanzitutto il numero annuale dei parti, che nel 2014 sono stati 416 a fronte della soglia minima di 500 richiesta per la sopravvivenza delle strutture.”
“Altro dato significativo riguarda il bacino d’utenza – sottolinea il vice capogruppo a Sala d’Ercole del Nuovo Centro Destra – il San Giacomo d’Altopasso non serve solo la città di Licata, ma una più ampia fetta di territorio, allargando i confini persino su comunità del nisseno”.