BARRAFRANCA – Sono passati dieci anni esatti dall’efferato omicidio di Francesco Ferreri, tredici anni appena, violentato, il cranio fracassato dai colpi inferti con una chiave inglese e poi buttato in una discarica tra lavatrici rotte, copertoni e rifiuti vari.
Dieci anni ma ancora non c’è un nome, un volto, una mano dietro questa morte.
Don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione Meter, da sempre vicino alla famiglia Ferreri, chiede ancora giustizia e verità.
“Chi sa deve parlare – dice a Newsicilia.it Don Fortunato -. Un bambino è stato ucciso e ancora dopo 10 anni nessuno ha il coraggio di parlare. Nell’anno della Misericordia chiedano, sia i carnefici sia chi tace da anni, perdono per i loro crimini e confessino: sia l’anno della giustizia, del perdono e della riconciliazione. Chiunque sia, risvegli la coscienza narcotizzata dal male, e si costituisca“.
“Noi sappiamo che i carnefici di Francesco sono liberi, vivono in mezzo a noi, vanno al bar, al lavoro, guardano in faccia i genitori del bambino che hanno violentato e ucciso e proseguono oltre con la loro vita. Qualcuno sa nomi e cognomi e dopo dieci anni ancora non ha il coraggio di parlare” prosegue Don Fortunato.
L’associazione Meter, con sede ad Avola, in provincia di Siracusa, dal 1989 si batte per i diritti dell’infanzia e della tutela delle vittime di pedofilia, chiedendo interventi anche sul piano politico.
“In Sicilia – continua Don Fortunato – manca una strategia pianificata per la tutela dell’Infanzia e, a livello giudiziario, la lentezza dei processi che possono durare anche 10 anni, segna indelebilmente la vita dei bambini che crescono con quest’incubo senza fine e con la consapevolezza che non si possa avere giustizia“.
Don Fortunato Di Noto fu tra i primi in Italia a denunciare la pedopornografia su Internet: “Assistiamo inermi ad un pericolosissimo abbassamento della percezione del Male; una percezione distorta come se si vedesse tutto come in una fiction, come se non fosse reale: questo è l’ultimo anello di una società schizofrenica che ha perso ogni contatto con la realtà“.
“Sembra che non abbiano più il rossore della vergogna e questo inquieta e pone seri interrogativi sul silenzio e sulla omertà che ancora copre l’assassino e i suoi complici. Chi sa parli e contribuisca a portare luce sulla cappa di fumo e di oscurità che aleggia ancora a Barrafranca. Apprendiamo con soddisfazione l’apertura delle indagini, cosi da sempre chieste da tutti –conclude. Chi sa parli, contribuisca a rivelare un male che non può essere sottaciuto. Sarebbe il riscatto di un popolo, di una comunità‘‘.