La Comunità Europea invita tutti i Paesi membri ad ottemperare all’obbligo di formare medici per il settore delle cure primarie, allo scopo di evitare il continuo costoso ricorso alle cure specialistiche ormai non più sostenibili ed anche per non rinunciare ad aumentare sempre di più il livello di diffuso benessere dei cittadini della Comunità Europea. Nel nostro Paese il compito di preparare i medici di medicina generale è stato affidato alle Regioni, con la istituzione dei corsi specialistici di formazione in medicina generale (Cfsmg) triennali e a tempo pieno.
Senza essere in possesso del diploma specifico di formazione in Medicina Generale da conseguire in ogni Paese membro, non può essere esercitata la professione di medico di medicina generale in nessun paese della Comunità Europea. Vi è, per la libera circolazione europea dei medici, un reciproco riconoscimento dei titoli conseguiti in ogni Paese della Comunità. La specialità in medicina generale ed il rispettivo diploma viene conseguito sotto il diretto controllo delle Regioni, dopo il dovuto corso triennale, caratterizzato da una formazione pratica e teorica di 4800 ore a tempo pieno, di cui due terzi di attività pratica professionalizzante.
L’obiettivo formativo consiste nell’acquisire le dovute conoscenze, competenze ed abilità allo scopo di poter operare efficacemente come medico di medicina generale nelle cure primarie. L’insegnamento della medicina generale va fatto in ogni caso anche durante gli studi universitari, a tutti i futuri medici, indipendentemente dalle scelte professionali che faranno dopo la abilitazione professionale, che come è noto prevede anche un esame abilitativo nello studio del medico di famiglia, come previsto dalle norme comunitarie.
Come già detto la formazione va poi perfezionata obbligatoriamente con la formazione specifica specialistica in medicina generale, triennale, per poter esercitare il ruolo di medico di famiglia nel servizio sanitario nazionale. Occorre naturalmente creare la cultura dei professionisti che operano nei servizi territoriali,anche in considerazione che tale attività professionale assume caratteristiche peculiari specifiche. Sarà indispensabile avere elementi di ricerca epidemiologica, farmacologica ed organizzativa di tipologia territoriale attuando un continuum formativo professionalizzante integrato fra territorio e specialistica ospedaliera, sviluppando altresì le capacità di esercitare una peculiare ricerca clinica tipica della medicina generale.
Il medico in formazione specialistica post laurea dovrà avere le competenze e conoscenze più aggiornate sulla organizzazione e sugli obiettivi da raggiungere nonché sul concreto funzionamento dei servizi sanitari sia nel territorio che in ospedale. Il medico alla fine dovrà apprendere i contenuti professionali tipici della medicina generale, ma anche i metodi di raccolta dati, la ricerca generalista, la tecnologia informatica applicata al suo specifico ruolo professionale.
L’approccio del medico generalista sarà globale di tipo psico sociale e si acquisiranno i fondamentali metodi di comunicazione umana e l’orientamento alla famiglia ed alla comunità. La disciplina dovrà alla fine garantire una visione integrata ed olistica dei problemi, centrata sulla persona e sul processo di cura, non sulla malattia come nella medicina ospedaliera e specialistica. Si tratta di una professione quindi che prevede funzioni, abilità e compiti definiti da conoscenze e capacità specifiche peculiari. Approccio sulla persona, orientato all’individuo, alla famiglia ed alla comunità, con relazione individuale, longitudinale nel tempo ed uso di processi decisionali caratteristici in rapporto alle modalità di presentazione dei problemi.
La dimensione complessiva e’ fisica, psichica, sociale ed assistenziale. Nella sua attività professionale il medico di famiglia non usa quindi solo competenze scientifiche ma adopera anche la sua esperienza condizionato nelle sue decisioni dal contesto sociale, giuridico ed istituzionale. La integrazione di tutto ciò in un sistema organizzativo flessibile contribuisce a creare la specificità professionale del medico generalista. Una persona che entra nello studio di un medico di medicina generale diviene di fatto un paziente per tutto il tempo che vi permane ma quando ne esce in realtà non lo è più. Il soggetto che accede liberamente nello studio lo fa perché ritiene di avere un problema o un disagio di qualsivoglia natura, accetta di farsi valutare dal suo medico di fiducia per avere le soluzioni adeguate.
Il medico naturalmente ha il dovere di valutare e la possibilità di intervenire. Una persona che non si reca al suo studio non può dal medico essere considerato un paziente. Se ne deduce che per la modalità di lavoro, attuale è la organizzazione di lavoro in attesa del paziente (medicina di attesa), agire a scopo preventivo e/o promuovere la salute come previsto da norme e contratti non è facile, a volte impossibile, tanto che è comune opinione che si deve cambiare la organizzazione del lavoro e la cultura comune di cittadini e medici.
Il medico di medicina generale generalmente conosce la persona che volontariamente l’ha scelto ed accede al suo studio. Ne conosce la storia, in genere non contenibile in una classica cartella clinica. La storia della persona che accede allo studio riaffiora alla mente del suo curante pronta ad aggiungere un nuovo episodio o nuovi elementi, dipanandosi fra biologia e biografia. L’incontro apre una relazione comunicativa fra i due, con sintonia variabile nei modi e nel metodo, con esercizio continuo di flessibilità mentale, oscillando fra banalità e malattie gravi, fra incertezza e rischi non palesi al momento.
La persona che si reca spontaneamente dal suo medico non può né deve essere trattata superficialmente perché tale atteggiamento potrebbe causare effetti disastrosi nel tempo. Una condizione apparentemente banale può essere causa di ansia grave in una persona con complessi cambiamenti della vita psichica e sociale di quel soggetto. Un medico di famiglia dovrà essere in grado di prendersi cura efficacemente della persona che gli si rivolge facendosi sempre capire e dimostrando di avere compreso attraverso l’ascolto empatico e la reinterpretazione dei problemi posti alla sua attenzione. Si negozieranno le decisioni da prendere, ricordando che la anamnesi rappresenta un elemento prezioso e fondamentale per il notevole contributo alla diagnosi. La storia narrata dalla persona malata è l’unico modo per capire il rapporto fra la persona e la sua malattia, il prodotto delle sue personali reazioni alla infermità.