Curare in sicurezza, obbligo morale ed etico

Curare in sicurezza, obbligo morale ed etico

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Sulla sicurezza nei posti di lavoro da anni una serie di norme legislative hanno creato da un lato un sovraccarico di oneri per i datori di lavoro ma, altrettanto, serenità ai lavoratori e protezione di diritti inalienabili, qual è la salute. Tutto questo ha, o avrebbe dovuto, portare anche qualità sia nella prestazione professionale e sia in quella psicofisica tra i dipendenti. Orbene, in sanità e nella fattispecie negli ospedali, se da un lato le linee guida delle società scientifiche, le attività di “risk management”, i vari audit e le norme stringenti a cui si attengono le autorità vigilanti hanno posto dei paletti fissi per la sicurezza dei pazienti e degli operatori, in Italia ben poco si è fatto per assicurare agli operatori sanitari orari di turno di lavoro non stressanti.

Spesso, per una serie infinita di motivazioni, il medico o altri professionisti della salute non hanno potuto rispettare il periodo di riposo, così come previsto dalle norme europee. Queste circostanze oltre ad essere un pericolo per la salute del medico sono di sicuro un rischio per il paziente da curare. Immaginate ad esempio con quale mente fresca e serena un medico può ascoltare una persona abbisognevole di cure dopo avere trascorso anche più di 12 ore di lavoro ininterrotto.

Ci sono statistiche internazionali che hanno dimostrato come la percentuale di errore in sanità aumenti con la stanchezza degli operatori. Come sempre le leggi ci sono e come sempre in Italia vengono recepite dopo che la comunità europea condanna e sanziona il nostro paese. Sotto la scure della “spending review”, non si sono potuti espletare concorsi per rimpiazzare i tanti medici che sono andati in pensione e quelli rimasti in servizio, non più giovanissimi, si sono visti caricare turni di lavoro spesso massacranti.

Il sottoscritto, ormai medico in pensione, ricorda come già 2 anni fa era costretto a chiedere ai suoi collaboratori di non guardare la timbratura del cartellino, ma di sacrificarsi per il collega che era impossibilitato a essere presente al lavoro quel giorno o quei giorni per problemi di salute o quant’altro.

Dal 25 novembre, finalmente, entra in vigore la pausa obbligatoria che impone il riposo dopo 11 ore di lavoro e la obbligatorietà per tutte le aziende di assicurare il riposo compensativo. L’entrata in vigore della legge impone una rivisitazione necessaria delle piante organiche e una nuova visione della spesa sanitaria. Più volte sulle colonne di questo giornale si è ripetuto che la salute non può essere vista solo come costo, ma deve essere vista come investimento, e se il PIL nazionale supera il 50% del totale e se in regione la voce sanità e la maggiore voce in bilancio, sarebbe utile provare a vederla come motore di una economia per uno stato che non ha materie prime da esportare.

La ricerca in sanità e la buona cura possono attrarre capitali, anche da altri paesi solo se si pensa ad investire e non a tagliare. Questo viene fatto da altri paesi europei e da altre regioni, specialmente del nord, che facendo buona sanità riescono e trarne profitti e non debiti. Per concludere: da una norma recepita di rango europeo proviamo una volta tanto a non vedere solo imposizioni che ci obbligano a spendere di più, ma a ripensare in modo costruttivo il nostro sistema sanitario come risorsa per i singoli e per il nostro paese.