Legittima difesa: il codice penale spiegato ai cittadini

Legittima difesa: il codice penale spiegato ai cittadini

CATANIA – Legittima difesa: una definizione giuridica che nelle ultime settimane è salita alla ribalta spesso, forse troppo spesso. Molti sono infatti i casi in Italia in cui un semplice cittadino, nell’arco di pochissimi secondi, si trova nella necessità di scegliere se vivere o morire, se difendere sé stesso, i propri cari ed i propri beni o semplicemente lasciar correre, nella speranza di non subire alcuna aggressione.

Uno degli ultimi casi di cronaca che ha interessato la Sicilia è quello di Giuseppe Caruso, agricoltore settantunenne condannato dalla corte di Assise di Catania a ben 17 anni di reclusione per aver ucciso un ladro di appena ventisette anni introdottosi nel suo appezzamento di terra. In quel caso l’avvocato difensore dell’anziano agricoltore, Giuseppe Lipera, espresse tutto il suo disappunto in relazione alla sentenza. Lo stesso legale oggi, a distanza di poco meno di un mese dall’archiviazione del processo, ci ha rilasciato un’intervista chiarificatrice sull’argomento della legittima difesa.

Primo punto da chiarire, forse in maniera un po’ più efficace di quanto sinora è stato fatto, è quello strettamente connesso al codice penale: cos’è realmente la legittima difesa? In quali casi è lecita? Giuseppe Lipera ci conferma che bisogna fare appello al 52° articolo del codice penale che nel 2006 si è arricchito di un secondo comma. “L’articolo in questione – specifica l’avvocato – offre la possibilità a chiunque si trovi all’interno della propria casa o del proprio negozio di mettere in atto il diritto alla legittima difesa. Perché questa venga considerata tale devono comunque verificarsi alcune condizioni; bisogna che la persona da cui ci si difende sia realmente considerabile come intrusa all’interno della proprietà e che le sue azioni siano evidentemente giudicabili pericolose. Per difendersi però è necessario utilizzare oggetti che siano normalmente presenti sul luogo in cui l’aggressione si sta verificando. Chi agisce per difesa chiaramente può proteggere sé stesso, persone presenti sul posto o i propri beni. Bisogna però che venga sempre rispettata la cosiddetta proporzione tra difesa e offesa; è chiaro che ad un semplice insulto, per quanto fastidioso, non si possa rispondere con una coltellata, così come invece è ammissibile che davanti alla minaccia di una violenza esercitata su uno qualsiasi dei nostri familiari si reagisca in maniera più incisiva“.



Dinnanzi a queste parole però ci pare naturale chiederci se i casi simili a quelli di Giuseppe Caruso siano molti e come mai questi finiscano spesso con la condanna di chi ha messo in atto il suo diritto alla legittima difesa. È ancora Giuseppe Lipera a pronunciarsi a tal riguardo affermando che “spesso questa legge non viene correttamente applicata, ciò perché per buona parte della magistratura è sbagliata. Alcuni, condannando chi ha esercitato il diritto alla legittima difesa, sembrano quasi voler sancire la sovranità della legge e delle istituzioni sull’iniziativa personale. I casi come quello di Giuseppe Caruso sono tanti, tantissimi e il più delle volte finiscono così per essere archiviati con una condanna ai danni di chi ha di fatto subito la prima aggressione. Eppure la legge è chiara e non si presta a interpretazioni poco lineari“. 

Parole come queste non possono che riaprire un dibattito che, dopo la condanna di Giuseppe Caruso, dopo i tanti talk incentrati sul caso di Vaprio d’Adda e simili, non mette d’accordo i cittadini circa l’opportunità o meno di reagire ad una probabile aggressione. Forse un’affermazione sanguigna, ma comunque per alcuni versi condivisibile è quella di Giuseppe Lipera il quale sostiene infine: “Credo che sia impensabile pretendere che una persona che veda aggredire o violentare i propri cari o sia certa di essere in pericolo di vita possa soffermarsi a ragionare sull’arma da utilizzare, sul fatto che l’aggressione sia già in atto o meno, avvenga all’interno della propria abitazione, ecc. La legge è qualcosa di insito nella natura e che, come tante altre cose, dovrebbe basarsi essenzialmente sul buon senso, sui 10 comandamenti, sui principi che in genere regolano la vita in società“.

In quanti potrebbero dire senza ombra di dubbio di essere d’accordo o dissentire dalle affermazioni del noto legale catanese? Di questo ci occuperemo domani, in un articolo che analizzerà i pareri della gente comune in materia di legittima difesa.