PALERMO – I decreti attuativi del Jobs Act che hanno riformato gli ammortizzatori sociali prevedono, fra l’altro, l’obbligo, per i soggetti ammessi che subiscono una riduzione di almeno il 50% del reddito, di sottoporsi a percorsi di reinserimento lavorativo senza i quali ogni soggetto perderebbe qualsiasi tutela sociale.
“Ma da Nord a Sud i centri per l’impiego pubblici costano e non producono risultati sufficienti – denuncia Vincenzo Barbaro, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo – e le carenze riguardano soprattutto il Mezzogiorno, l’area che ha più bisogno di interventi strutturali di sostegno allo sviluppo e all’occupazione. Se non si cambia subito il sistema, coinvolgendo anche i consulenti del lavoro, per il tramite della propria Fondazione per il Lavoro, nel favorire la ricerca di competenze da parte delle imprese, entro un paio d’anni l’Italia si ritroverà di colpo con centinaia di migliaia di soggetti cassintegrati, in solidarietà o in mobilità privi di lavoro, reddito e qualsiasi tutela sociale. Un’emergenza che noi consulenti del lavoro intendiamo assolutamente scongiurare”.
Ecco perché, a partire dall’incontro del prossimo 18 Novembre a palazzo Steri a Palermo sul tema “ripartiamo dal lavoro 2015”, i consulenti del lavoro intendono organizzare il primo confronto concreto con il ministero del lavoro sulla riforma dei centri per l’impiego.
Secondo l’ultimo rapporto del Ministero del Lavoro, in Italia vi sono 550 centri pubblici per l’impiego con 8.429 operatori che nel 2013, a fronte di 3.112.611 persone in cerca di occupazione, hanno raccolto 2.373.979 dichiarazioni di disponibilità al lavoro a fronte di 9.815.347 contratti cessati.
A confronto, le 803 agenzie private per il lavoro autorizzate nel Paese con 4.186 sportelli e 11.524 operatori hanno registrato 2.445.315 soggetti per la somministrazione, ed hanno avviato al lavoro 785.893 unità, inserito nelle aziende 17.380 candidati e ricollocato 4.248 lavoratori.
È il confronto fra Nord e Sud che evidenzia ancor di più le carenze del sistema pubblico. Infatti la Lombardia ha 65 centri pubblici per l’impiego, tanti quanti ne conta la Sicilia. Ma se nella prima gli addetti sono 545, nella seconda regione pare che la rete sia più che altro un’opportunità per i collocatori, come evidenzia il loro numero: ben 1.587, di cui solo 842, quasi la metà, sono gli operatori di front office.
E nell’isola ci deve essere un grande fabbisogno di personale, dato che in Sicilia dal 2012 al 2013 al sistema sono stati assegnati altri 43 addetti in più, mentre la Lombardia li ha ridotti di 32 unità. Peccato che i risultati dimostrino il contrario
In Lombardia nel 2013 sono state raccolte 331.589 dichiarazioni di disponibilità al lavoro, realizzati 156.323 interventi di politica attiva, le imprese hanno attivato 1.321.755 contratti e cessato 1.342.439 rapporti.
Invece in Sicilia, con un personale tre volte superiore alla Lombardia, sono state raccolte 183.606 dichiarazioni di disponibilità al lavoro, realizzato 237.117 interventi di politica attiva, le imprese hanno attivato 779.616 rapporti di lavoro e ne hanno cessati 800.647.
Che in Sicilia non vi sia rispondenza fra carichi di lavoro e personale addetto ai Cpi, è dimostrato anche dal fatto che le politiche attive realizzate solo per quanti hanno dichiarato la disponibilità al lavoro nel 2013 sono state 13.501 in meno rispetto al 2012.