È comune la convinzione che l’integrazione è interesse delle persone ammalate, tuttavia non sembra che vi sia piena consapevolezza del fatto che la stessa rappresenti l’unica soluzione possibile per sostenere il servizio sanitario pubblico, oggi in difficoltà economiche notevoli. Per realizzare questa condizione fondamentale e’necessario un elevato consenso ed una condivisione fra gli attori del servizio sanitario perché al di là di leggi o regolamenti, la vera integrazione fra gli attori dipende da un cambiamento culturale di tutti. Questa è la ragione per cui, ancora oggi, resta fattore critico del servizio sanitario. Di sicuro sbaglia chi crede di risolvere tutto con modelli più o meno perfezionati di percorsi in quanto non è solo modellistica ma anche cultura della condivisione. Valorizzare la persona è l’unico metodo perché si tratta del capitale strategico da cui non si può prescindere.
Prima del modello occupiamoci dell’uomo, trasformando le conoscenze, competenze ed abilità in patrimonio comune. Non emarginiamo figure professionali escludendole dalle decisioni, piuttosto usiamo un metodo inclusivo, con condivisione dei percorsi, rendendo centrale l’uomo malato. Le cure primarie rappresentano il primo livello di cure, la prima diffusa protezione sanitaria e la prima risposta al bisogno di attenzione delle persone. Migliorare la dimensione organizzativa vista la complessità dei bisogni e la cronicità rappresenta la sfida del presente e del futuro. Il punto di snodo in tal senso è il distretto, livello organizzativo prossimo al cittadino, a garanzia della tutela della salute attraverso lo sviluppo delle cure primarie e territoriali.
Le spinte autonomistiche regionali hanno determinato forti differenze nell’assistenza per cui il panorama assistenziale del servizio pubblico e’ variegato con disomogeneità fra le varie regioni e fra le diverse province di una stessa regione. Bisognerà superare la frammentazione degli interventi uniformando ed allineando le linee strategiche di intervento nel territorio nazionale. Non possiamo permanere in un servizio pubblico con così marcate differenze nella organizzazione sanitaria e fruizione ed accesso non uguale per tutti. La sfida è sviluppare reti territoriali di presa in carico con una organizzazione da consentire democratico accesso e promozione della salute oltre che diagnosi e cura. La funzione ed il modello va rivisto adattando il sistema alla emergenza cronicità, alla anticipazione diagnostica ed alla prevenzione.
Le cure primarie dovranno cambiare metodologia di intervento, passando dalla attesa all’iniziativa, alla medicina proattiva, in grado di realizzare la presa in carico complessiva della persona malata con garanzia di continuità delle cure, difficile sfida da vincere. La costruzione di un nuovo modello non può prescindere dalla individuazione di una rete territoriale in grado di favorire la transizione verso modelli di pratica professionale orientata alla promozione attiva della salute, alla prevenzione, alla diagnosi precoce ed al rafforzamento delle risorse personali. Si dovranno realizzare ed implementare reti sociali e sanitarie di prossimità che siano a disposizione delle persone con malattie croniche o condizioni morbose in cui la anticipazione diagnostica è fondamentale, come le malattie reumatiche.
Il modello ad oggi utilizzato, nonostante i buoni risultati dati, non è più in grado di conferire alle cure primarie il valore aggiunto dei suoi elementi costitutivi quali equità ed estensività dell’assistenza, accesso democratico, prossimità. Per tale motivo si dovrà procedere senza indugio alla valorizzazione del capitale umano. Le cure primarie dovranno avere uno speciale modello di percorso per una migliore presa in carico condivisa in maniera integrata al fine di migliorare la qualità dell’assistenza.
È in atto una delicata trasformazione dei compiti e delle modalità di lavoro in medicina generale. Una buona anamnesi ed un esame obiettivo accurato rimangono fondamentali in particolare per le malattie reumatiche, ampia gamma di malattie sistemiche e dell’apparato muscolo scheletrico con interessamento articolare e periarticolare, comprese malattie autoimmuni. Anamnesi ed esame obiettivo sono fondamentali, ricordando che lo screening delle malattie reumatiche deve essere al letto del malato. Fondamentale resta l’integrazione per la riuscita del percorso di diagnosi e cura che necessita di elevato consenso riguardo ai necessari cambiamenti organizzativi cui si deve andare incontro. Resta il fattore critico dell’integrazione, pesante macigno culturale che blocca ogni possibile modello ipotizzato. Solo con la valorizzazione delle persone potremo realizzare i processi integrati di cure.La cultura resta il principio attraverso cui possiamo dare spiegazione a tutto il resto.
Con la condivisione e la comune cultura potremo costruire ciò che è possibile costruire ricercando il minimo comune denominatore che ci lega al processo di cura, in campo reumatologico. Certo c’è da chiedersi chi saranno i maestri, chi educherà i giovani a fare sistema per condividere la gestione delle persone sofferenti. In quale sede maturare le competenze, le conoscenze, la capacità e l’attitudine per svolgere tale ruolo in condivisione multi professionale e a chi è dato il compito di valorizzare la risorsa umana, capitale più importante di questa ardita impresa.
Individuiamo i maestri che tireranno fuori dai giovani il percorso della futura vita professionale, attraverso la vera formazione che sia la leva strategica del governo del servizio sanitario. Con urgenza servono riferimenti nei percorsi per laurea e post laurea senza lasciare ai convegni ed ai dibattiti il compito di affrontare la questione in condizione di obiettiva precarietà e marginalità. I risultati sono fortemente condizionati dalle professionalità in campo con la speranza che il sistema permetta di poterle esprimere.
Insieme al nuovo modello l’uomo, capitale prezioso nella gestione condivisa di ogni attività diagnostica e curativa.Interagire ed applicare le conoscenze, producendo servizi alla persona malata.
Inscindibile il legame fra cultura, formazione e lavoro. Si dovrà prendere atto delle esperienze aumentando la consapevolezza e favorendo la trasformazione di tutte le esperienze in patrimonio comune di conoscenza. Non è più tempo di attendere, occorre agire per migliorare la qualità del nostro sistema di cure. Realizziamo, quindi, un servizio integrato di cure che definisca procedure e responsabilità, la continuità terapeutica ed i giusti percorsi in una logica di sistema, rendendo la persona centrale.
Oggi il medico di cure primarie si trova in una condizione di profondo disagio non riuscendo a valorizzare le sue conoscenze, le abilità acquisite, in un sistema le cui regole attuali non gli consentono questa possibilità. Il medico generalista ha la sensazione di non fare più il medico a causa del crescente carico amministrativo, si sente emarginato ed escluso dalle scelte che lo riguardano, si ritiene lo scarico naturale delle inefficienze del sistema sanitario. In tale contesto il medico di famiglia sembra un criceto che corre nella sua gabbia, sempre più veloce, restando in realtà sempre fermo nello stesso posto nonostante la fatica con perdita di soddisfazione professionale e di qualità. Cambiare le modalità di lavoro ed organizzazione della medicina generale è imperativo ed urgente se vogliamo rispondere alle esigenze dei cittadini.
Non più attesa, non adatta alle attuali condizioni epidemiologiche sia sul piano clinico che dei risultati di salute. Non si possono prevenire le complicanze di tante importanti malattie croniche, non si riesce a fare diagnosi precoci nè prevenzione e rallentamento della evoluzione naturale di tante condizioni morbose. Spesso l’intervento medico avviene a danno già conclamato, non essendo possibile con la logica dell’attesa intervenire al momento giusto con diagnosi precoci e cure capaci di cambiare la evoluzione delle malattie. Lo stesso malato spesso non percepisce il suo reale bisogno sanitario, preferendo non considerarsi malato piuttosto che affetto da una malattia cronica. Una gestione efficace e moderna porta alla conclusione che è indispensabile transitare ad un sistema che consenta un controllo attivo, di iniziativa, al fine di evitare diagnosi tardive a complicanze manifeste. Rimodulare la organizzazione delle cure primarie con modelli a supporto della necessaria nuova funzione a garanzia di idonei percorsi condivisi in un sistema integrato a rete. Non ci è consentito disperdere le esclusive competenze della medicina generale, occorre tuttavia rilanciare il nuovo modello di lavoro, unico modo per fare delle cure primarie il vero motore del territorio.
Di sicuro la nuova organizzazione porterà ad una maggiore complessità, a parità di impegno clinico, anche se le ore disponibili per la clinica dovranno aumentare a scapito del lavoro amministrativo e burocratico attuale. Non eludiamo la necessita’ di riorganizzazione tuttavia dovrà essere rivista l’attività complessiva del territorio, ambito naturale delle cure primarie.
In Sicilia la medicina generale è chiamata a garantire le cure di primo livello, ma deve essere messa in grado di dare le risposte necessarie ai bisogni di salute. Ci si dovrà organizzare costruendo una rete efficace, adeguando le strutture e gli strumenti. In atto la digitalizzazione viene realizzata trasferendo incombenze burocratiche al medico di famiglia, non fornendo tuttavia le risorse necessarie, diminuendo di fatto il tempo disponibile per le attività cliniche. Per ottenere migliori risultati medicina di iniziativa, domiciliarità, rete di cure intermedie, superamento della frammentazione delle cure, attraverso l’integrazione e la multi condivisione. Consentire ai medici generalisti di sviluppare capacità e competenze è fondamentale per consentire la condivisione e la messa in rete del sistema.
Per ciascuno il vero valore deve essere l’umanità in quanto la abilita tecnica è subordinata. Mettiamo più impegno nella vita di tutti i giorni, ricordando che la dignità risiede nel pensiero ed è l’unico modo per elevarci.
L’augurio è che finisca il pregiudizio e l’intolleranza che, come è noto si nutre dell’ignoranza.