Il tempo scorre veloce, inesorabile. È da questa consapevolezza, antica quanto l’uomo, che prende forma la profonda riflessione natalizia del professor Alfio Cazzetta, un viaggio intimo e lucido tra passato e presente, memoria personale e sguardo critico sul mondo contemporaneo.
Dal susseguirsi dei Natali, uno dopo l’altro, emerge il sentimento dell’urgenza: la corsa contro il tempo, la paura di lasciare qualcosa di incompiuto, la consapevolezza che vivere significa assaporare ogni fase dell’esistenza, con le sue luci e le sue ombre. Cazzetta richiama un antico detto popolare – “Cu campa, vecchiu si fa” – per ricordare che l’età avanzata, pur con le sue fatiche, è anche un privilegio: quello di aver visto, compreso, vissuto.
La bellezza della vita e le ferite del mondo
Nella sua riflessione convivono la bellezza del creato – i tramonti, il mare calmo o in tempesta, i suoni e i profumi della vita – e l’amarezza per un’umanità che sembra non imparare mai dalla storia. La guerra, vista da bambino e ancora presente oggi, diventa il simbolo di un fallimento collettivo: parole di pace che spesso nascondono interessi e violenze, leader incapaci di imparare persino dalla saggezza ingenua dei bambini del dopoguerra.
Il Natale tra fede e smarrimento
Il Natale, cuore della riflessione, appare sempre più svuotato del suo significato originario. Da festa della nascita di Gesù Cristo, simbolo di pace e speranza, si è trasformato in una celebrazione dominata dal consumismo e da un falso perbenismo che, secondo Cazzetta, finisce per mortificare le radici culturali e religiose. Il timore di affermare la propria identità, la rinuncia ai simboli, il silenzio per non “offendere” diventano una forma di sottomissione più che di autentica libertà.
Il Natale di una volta: memoria viva
E poi c’è il passato, evocato con tenerezza e precisione. Il Natale del dopoguerra, povero nei mezzi ma ricchissimo di umanità e condivisione: le mani della madre che impastano la farina per le scacciate, la fatica accompagnata dalla gioia, i profumi che riempiono la casa, le crispelle, il rosario recitato insieme, la “conca” al centro della stanza, il fuoco che scoppietta e le storie raccontate. Un Natale fatto di famiglia allargata, vicinato, attesa, silenzio e amore.
Uno sguardo al futuro
Il nuovo anno, scrive Cazzetta, è spesso solo la continuazione di quello vecchio. Eppure, questa volta, il desiderio è che il tempo che verrà possa davvero portare un cambiamento, lasciando alle spalle un anno difficile per il mondo intero. La speranza è che il futuro sappia promuovere miglioramenti concreti e, soprattutto, che possa finalmente affermarsi ciò che da troppo tempo sembra un’utopia: la pace.
È questo l’augurio finale del professore: un Natale che non sia solo una data sul calendario, ma un momento di coscienza, memoria e rinnovata responsabilità verso noi stessi e gli altri.

“Erano anni verdi, per noi. Volevamo gareggiare con la vita. Io ed il mio amico Felice. Correvamo, ma non sapevamo dov’era il nostro traguardo. Intanto ci bastava correre. Avevamo vent’anni“.



