In attesa della legge sul consenso “libero e attuale” senza il quale c’è violenza sessuale

In attesa della legge sul consenso “libero e attuale” senza il quale c’è violenza sessuale

Non sarà approvata prima di febbraio 2026 la legge sul consenso “libero e attuale” senza il quale c’è violenza sessuale. Il testo, già approvato all’unanimità il 19 novembre scorso dalla Camera dei deputati grazie anche a un patto politico tra governo e opposizione, è stato fermato in Commissione Giustizia del Senato, dove avrebbe dovuto essere approvato il 25 novembre, nella Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Alcuni esponenti della Lega, tra cui il ministro Salvini, hanno osservato delle “criticità” nel testo del disegno di legge di riforma dell’articolo 609-bis del Codice penale, raccomandando un ulteriore approfondimento.

La legge sul consenso è richiesta dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne.

La Convenzione di Istanbul è un Trattato internazionale promosso dal Consiglio d’Europa, firmato nel 2011 ed entrato in vigore in Italia dopo la ratifica il 1° agosto 2013. Definisce e contrasta la violenza di genere e domestica, promuovendo la prevenzione, la protezione delle vittime e il perseguimento dei colpevoli, anche attraverso la definizione di una serie di reati da penalizzare, dallo stalking alla violenza psicologica.

All’articolo 36 la Convenzione impegna i Paesi firmatari a perseguire penalmente i responsabili di violenza sessuale, definendola fondamentalmente come «atti sessuali non consensuali». Il consenso è così definito: «Il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutata tenendo conto della situazione e del contesto».

La Camera, con una votazione bipartisan, ha approvato la riscrittura dell’articolo 609-bis del Codice penale, che disciplina la violenza sessuale.

Questo reato si commette quando si costringe qualcuno a compiere o subire atti sessuali con violenza, minaccia o abuso di autorità. Ora viene specificato che la pena dai 6 ai 12 anni si applica anche a chi compie o fa compiere atti sessuali senza il “consenso libero e attuale” della persona.

Perno centrale della nuova norma è il consenso “libero ed attuale”

Libero, cioè dato volontariamente, come libera volontà della persona, non frutto di costrizione, ricatto, abuso di potere… Attuale cioè riguardante quel momento specifico, mantenuto durante il rapporto, non un “sì” dato in passato o presunto in virtù di una relazione stabile.

Per esemplificare, una parte può tirarsi indietro anche dopo aver accettato l’approccio: in questo caso l’atto non è più consensuale. Questo vale anche nel caso di rapporti sessuali tra una coppia convivente: il consenso ci deve essere sempre.

Si introduce, così, il concetto che “solo un sì è un sì”, senza zone grigie né spazio a interpretazioni. La vittima non deve giustificare il suo dissenso.

In realtà già la Cassazione, con una giurisprudenza ormai consolidata, aveva introdotto il tema.

Gli addetti ai lavori sperano che puntando l’attenzione sul mancato consenso anziché sulla violenza esercitata, sia più facile ricordare che il tema dello stupro non è tanto la coercizione fisica, quanto l’atto sessuale non voluto che viola la sfera di autodeterminazione della donna. Oltre ad avere un effetto deterrente in tutti i casi in cui la volontà della vittima (in genere una donna) è ridotta da alcol o sostanze droganti.

Un problema che è stato sollevato è quello della prova del mancato consenso

Molti esperti giudicano questo punto un falso problema. Lo specifico del mancato consenso è previsto ad esempio nei casi in cui la vittima è drogata o ubriaca, già oggi pacificamente considerati violenza sessuale, così come nei casi tecnicamente chiamati freezing, cioè quando la persona offesa si immobilizza e dunque non riesce a reagire. Chi denuncia di aver subito una violenza sessuale, afferma con questo già di non aver acconsentito all’atto e non deve giustificarsi. Tuttavia le indagini non si fermano mai all’affermazione della persona offesa, ma valutano il contesto, come dice la Convenzione di Istanbul. L’accusato che voglia difendersi dicendo che lei era consenziente (la linea difensiva più ricorrente) deve dire e provare cosa gli ha fatto credere che lei era consenziente. Si tratterà sempre di una valutazione complessiva.

La vera sfida sarà monitorare che l’accertamento del mancato consenso non si trasformi in vittimizzazione secondaria, cioè che si guardino i comportamenti della persona offesa, la sua storia, più che il fatto specifico. La domanda non dovrà più essere, come ancora oggi accade: la vittima si è difesa abbastanza, bensì: c’era un consenso libero e riconoscibile?

Una legge sul consenso esiste nella maggior parte dei Paesi europei: Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia (da pochi giorni), Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Spagna e Svezia. Extra Ue, anche Islanda, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Canada dispongono di definizioni simili.

Tuttavia il disegno di legge è stato bloccato in Commissione Giustizia al Senato per le criticità che sono state sollevate da diversi esponenti politici.

Si è detto che la nuova norma, così concepita, potrebbe lasciare troppo spazio alla libera interpretazione del singolo con l’ulteriore rischio di “vendette personali, da parte di uomini e donne, che senza nessun abuso” potrebbero usare “una norma vaga” a proprio vantaggio, intasando, così, i Tribunali.

In sostanza si teme che una donna (perché la maggior parte delle violenze sessuali viene denunciata dalle donne) possa denunciare una falsa violenza motivandola con un mancato consenso.

Il consenso diverrebbe, dunque, l’unico elemento necessario a qualificare la fattispecie: qualunque atto sessuale che venga posto in essere senza che vi sia il consenso libero e attuale della persona coinvolta integrerebbe pertanto il delitto di violenza sessuale.

Se da un lato si vuole fornire uno strumento più efficace, soprattutto alle donne, per denunciare condotte “violente”, dall’altro si deve tenere conto di tutte le criticità che con l’espressione “consenso libero ed attuale” si potrebbero generare, determinando così ampio margine interpretativo non essendo definito in maniera netta il confine della condotta penalmente rilevante o meno.

Attesi tutti questi dubbi interpretativi, nelle more, il Legislatore, anche su input delle diverse forze politiche, dovrà effettuare una seria e attenta riflessione sia per allineare le norme italiane sulla violenza sessuale a quelle esistenti negli altri paesi europei, così come auspicato dalla Convenzione di Istanbul, e per far sì che la nuova formulazione del reato di violenza sessuale sia rispettosa dei principi costituzionali vigenti e non presti il fianco a comportamenti strumentali difficilmente valutabili e interpretabili dagli operatori del diritto.

Staremo a vedere!

AVV. ELENA CASSELLA