La “promessa” mai mantenuta di Padre Salvatore Resca, l’uomo che parlava al cuore di Catania

La “promessa” mai mantenuta di Padre Salvatore Resca, l’uomo che parlava al cuore di Catania

CATANIA – Catania oggi respira piano. Cammina più lenta. Parla sottovoce.

Non è solo il lutto per un sacerdote a farle chinare il capo: è il dolore per la scomparsa di uno dei suoi cuori pulsanti, un uomo che non ha semplicemente vissuto in mezzo a noi — ci ha insegnato come vivere.

Padre Salvatore Resca aveva 90 anni, ma il passo lieve e tenace di chi non ha mai smesso di credere che la spiritualità si misura nei gesti quotidiani, non nelle distanze.

Una certezza antica, una guida discreta, un appoggio che – anche senza chiedere – c’era sempre.

Lascia un vuoto che pesa, che stringe, che non si colmerà. E oggi, mentre la città si prepara ai funerali, sembra che perfino l’aria di novembre trattenga le lacrime.

Il pastore che ascoltava prima di parlare

Di sacerdoti ce ne sono tanti. Di uomini che sanno vedere dentro, pochi. Padre Salvatore Resca apparteneva a quest’ultima, rarissima categoria.

Aveva quella capacità che solo le anime grandi possiedono: ascoltare senza giudicare, consigliare senza imporsi, scuotere con una dolcezza che non feriva mai.

Nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, dove era viceparroco, non esercitava – infatti – un ruolo: abitava una missione.

Padre Resca non guardava mai dall’alto. Si sedeva accanto. Si abbassava per sollevare. Molti lo ricordano chinato sulle sofferenze degli ultimi, degli invisibili, degli scoraggiati. Ascoltava come si ascolta un figlio, un fratello, un amico ferito.

E mentre tanti parlavano di evangelizzazione, lui la praticava: nell’accoglienza, nella giustizia, nella dignità.

Era sacerdote, sì. Ma era anche professore, filosofo, scrittore: un uomo che non aveva paura delle domande, anzi, sapeva che da esse nasce la coscienza di una comunità.

Il filosofo che insegnava a pensare, non a obbedire

Nelle sue lezioni di filosofia — che ancora risuonano nei ricordi di generazioni di allievi — non c’erano verità imposte, ma sentieri aperti.

Diceva sempre che pensare è un atto di coraggio, e che la fede non teme chi riflette, teme chi si arrende.

Nei suoi libri, nei suoi interventi pubblici, nelle sue omelie “mai banali”, come le definivano in tanti, restituiva uno sguardo sul mondo lucido, critico, profondo.

Era un intellettuale che non si nascondeva dietro le parole: le abitava. Chiunque l’abbia conosciuto, lo sa: non ti lasciava tranquillo. Ti rendeva migliore.

L’architetto della Catania migliore

La sua intuizione di fondare CittàInsieme non fu solo un’idea: fu un terremoto culturale, una carezza collettiva, un incoraggiamento, un invito a non piegarci mai al cinismo.

Un laboratorio, un luogo di confronto, una palestra di civiltà. Un’esperienza che ha scosso le coscienze, acceso le piazze, formato cittadini consapevoli.

È lì che nacque il Patto per Catania, il progetto che segnò la rinascita degli anni ’90. Padre Resca fu motore, ispirazione, scintilla.

Non era un politico, ma ha fatto più politica — quella vera, quella onesta — di tanti che sedevano nei palazzi.

Chi ha vissuto quegli anni sa che c’era un uomo, un sacerdote, che ripeteva agli amministratori: “La città è una casa: non traditela“.

Il sorriso che non arretrava davanti alle divergenze

Chi l’ha conosciuto davvero lo ricorda così: schietto, limpido, mai accomodante, eppure capace di mantenere un sorriso anche nelle discussioni più accese.

Confrontarsi con lui era un privilegio. Divergere da lui era un onore. Perché significava che ti considerava alla pari, che vedeva in te una coscienza da stimolare, non da spegnere.

Con gli anni non ha mai smesso di consigliare, provocare — sempre con affetto, sempre con stima. La sua franchezza era una forma di amore.

“Ci vediamo a ottobre”, la promessa che oggi ci spezza il cuore

A giugno, durante una delle sue ultime messe, disse con la sua solita dolce ironia: “Ci vediamo a ottobre“. Era una promessa, una carezza, un modo per rassicurare i suoi fedeli. Ma non stava ancora male, era solo un saluto “estivo”.

Oggi quella frase risuona come un colpo al petto. Pesa addosso tanto quanto la sua assenza. Non perché non sapesse mantenere la parola — lui sì, che lo faceva sempre — non ci sarà un “ottobre” con lui e nemmeno i mesi a seguire. Non ci sarà un autunno dei suoi pensieri, delle sue omelie, delle sue parole nette e luminose.

Ma forse — e molti lo hanno sussurrato con gli occhi lucidi — ci sarà un “ottobre” dentro di noi, ogni volta che sceglieremo il coraggio, la giustizia, la gentilezza.

Una città in lutto, una comunità in eredità

Le istituzioni, i politici, i cittadini: oggi parlano di lui. Non per circostanza, ma perché era davvero un punto di riferimento.
Un educatore, una guida, una luce.

Catania perde un uomo che ha fatto della responsabilità civile un dovere morale. Un sacerdote che non ha mai separato la fede dalla democrazia.

Un cittadino che ha amato la sua terra con disciplina e ribellione allo stesso tempo.

E noi, oggi, ci ritroviamo più soli. Più fragili.

L’eredità più difficile: essere degni di lui

Il dolore di oggi porta, però, con sé un compito. Un compito enorme, esigente, urgente: mantenere vivo ciò che a lui stava più a cuore.

Il livello spirituale, sociale e civile della nostra comunità. Il valore della partecipazione. La lotta contro l’indifferenza. Il rispetto degli ultimi.
La cura del bene comune.

Padre Resca non lascia solo un ricordo: ci lascia una responsabilità. E starà a noi dimostrare che tutto quello che ci ha insegnato non è andato perduto.

Un saluto che non è un addio

Padre Resca lascia un vuoto nel cuore di chi lo ha conosciuto davvero, e nella città che ha amato con instancabile passione.

Non colmeremo quel vuoto, non è possibile. Ma possiamo trasformarlo in impegno, in pensiero, in un attento sguardo sulle cose.

Oggi, mentre la città accompagna al suo riposo uno dei suoi figli migliori, una frase risuona come un abbraccio collettivo:

Grazie, Padre Salvatore.

Per la tua mente luminosa.
Per il tuo coraggio raro.
Per la tua dolcezza nascosta
.
Per la tua franchezza che salvava
.
Per la tua città, che hai amato più di te stesso
.
Per tutto ciò che hai visto in noi, quando noi non lo vedevamo
.
Per quello che sei stato
.
Per quello che ci hai lasciato
.
Per quello che ci hai insegnato ad essere
.

E grazie — soprattutto —
per averci insegnato che il bene si fa senza clamore,
ma lascia sempre un’eco destinata a non morire mai
.

E se è vero che un maestro non muore finché qualcuno ripete le sue parole, allora Catania non lo perderà mai davvero.

R.I.P. Grande Uomo e Sacerdote, che la terra ti sia lieve.