Prevenire la violenza di genere

Prevenire la violenza di genere

La violenza contro le donne è un fenomeno di difficile rilevazione perché in larga parte sommerso. Molto spesso si tratta di violenze dentro la famiglia, più difficili da dichiarare e denunciare, situazioni in cui la donna si sente sola a dover affrontare un dramma che, se portato allo scoperto, sconvolgerebbe anche gli equilibri di vita di altre persone care.

Data la complessità delle reazioni emotive e psicologiche che si sviluppano a seguito di una violenza, sia essa episodica o reiterata nel tempo, il sommerso relativo ai reati che la descrivono è molto elevato, per questo non è possibile limitarsi a considerare le fonti di natura amministrativa per la sua conoscenza, fatta eccezione per il dato sugli omicidi delle donne.

Le indagini di vittimizzazione sulle donne risultano quindi fondamentali per avere un quadro più verosimile dell’entità del fenomeno e sono anche fonti insostituibili per comprenderne la dinamica.

Con l’espressione violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.

La normativa contro la violenza di genere persegue tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime.

Con l’introduzione nel 2009 del reato di atti persecutori-stalking, che si configurano in ogni atteggiamento violento e persecutorio e che costringono la vittima a cambiare la propria condotta di vita, fino alla legge sulle ‘Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere’, risultano infatti rafforzati la tutela giudiziaria e il sostegno alle vittime, una serie di aggravanti e la possibilità di permessi di soggiorno per motivi umanitari per le vittime straniere di violenza.

La normativa che ha avuto un primo aggiornamento con la legge n. 69/2019 in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, rientra interamente nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul (2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.

L’elemento principale di novità della Convenzione è il riconoscimento della violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. Essa prevede anche la protezione dei bambini testimoni di violenza domestica e richiede, tra le altre cose, la penalizzazione delle mutilazioni genitali femminili.

Della raccolta e monitoraggio dei dati si occupa il dipartimento della Pubblica Sicurezza – direzione centrale della Polizia Criminale – Servizio Analisi Criminale. Per le segnalazioni è attivo il 1522, il numero verde di pubblica utilità della Rete nazionale antiviolenza.
Sono in campo molteplici interventi: la tutela delle vittime di maltrattamenti e violenza domestica, le risorse per finanziare un Piano d’azione antiviolenza e la rete di case-rifugio, la formazione sulle tecniche di ascolto e approccio alle vittime, di valutazione del rischio e individuazione delle misure di protezione, i corsi sulla violenza domestica e lo stalking.

Inasprita anche la disciplina penale con misure cautelari personali, un ampliamento di casi per le associazioni a delinquere, la tratta e riduzione in schiavitù, il sequestro di persone, i reati di terrorismo, prostituzione e pornografia minorile e contro il turismo sessuale.

Sui territori le prefetture promuovono, dove emergono i bisogni e le esigenze, iniziative di informazione e sensibilizzazione per combattere sul nascere la violenza di genere: formazione nelle scuole, corsi di formazione per gli operatori delle strutture sociosanitarie, per migliorare la prima accoglienza, forme di collaborazione con gli enti locali e le associazioni per potenziare l’accoglienza e il sostegno alle vittime, task force e gruppi di lavoro per pianificare le iniziative e divulgare le best practice.

Prevenire la violenza vuol dire combattere le sue radici culturali e le sue cause. Per questo sono essenziali le strategie politiche mirate all’educazione, alla sensibilizzazione, al riconoscimento e alla realizzazione delle pari opportunità in ogni ambito della vita pubblica e privata.

L’obiettivo è lavorare per combattere le discriminazioni e gli stereotipi legati ai ruoli di genere e al sessismo, che producono le condizioni contestuali favorevoli alla perpetuazione della violenza maschile contro le donne. In tal senso l’attenzione deve essere massima alle nuove generazioni, investendo, soprattutto, nella formazione.

Le azioni di prevenzione sostenute dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso il Quadro Strategico Nazionale riflettono pertanto l’esigenza di:

  • aumentare il livello di consapevolezza nella pubblica opinione sulle radici strutturali, sulle cause sulle conseguenze della violenza maschile sulle donne;
  • rafforzare il sistema scolastico migliorando la capacità operativa delle/gli insegnanti e del personale della scuola in merito a come intercettare, prevenire, far emergere e gestire situazioni di violenza, compresa la violenza assistita;
  • promuovere nell’offerta formativa della scuola l’educazione alla parità tra i sessi, per il superamento dei ruoli e degli stereotipi di genere, anche attraverso la revisione della didattica e dei libri di testo e la formazione del corpo docente di ogni ordine e grado;
  • formare le operatrici e gli operatori del settore pubblico e del privato sociale su fenomenologia, intercettazione, emersione, presa in carico, valutazione e gestione dei casi di violenza contro le donne inclusi quelli che riguardano le donne migranti, rifugiate e richiedenti asilo;
  • rafforzare l’impegno preventivo contro la recidiva attraverso percorsi di rieducazione degli uomini autori di violenza e di reati relativi alla violenza maschile contro le donne;
  • sensibilizzare il settore privato e i mass media sull’influenza della comunicazione e della pubblicità su temi quali stereotipi di genere e sessismo e sui loro effetti sulla fenomenologia della violenza maschile contro le donne.

Un ruolo fondamentale è assunto dai centri antiviolenza che, tramite attività di sensibilizzazione, formazione dei propri operatori e la promozione della cultura del rispetto, essenziali nell’attività di prevenzione del fenomeno, forniscono supporto immediato alle vittime, in termini di consulenza legale e psicologica, lavorando attivamente prima che il reato si consumi.

L’attività preventiva dei centri antiviolenza si articola nell’organizzazione di campagne di sensibilizzazione, nonché nella precipua formazione dei professionisti che dovranno riconoscere e gestire il fenomeno, prevedendo, inoltre, la promozione della cultura del rispetto.

La funzione preventiva si sostanzia anche e soprattutto nell’intervento immediato, volto ad evitare la consumazione del reato.
In tale contesto i centri antiviolenza offrono un primo punto di contatto, spesso anonimo, per le donne che subiscono violenza, offrendo consulenza psicologica e legale; supportano la vittima nel percorso di autonomia e nel recupero della propria autostima, con l’obiettivo di renderla indipendente; si occupano di valutare il rischio e mettere in sicurezza i minori che vivono in contesti di violenza, collaborando con i servizi sociali; orientano e accompagnano le donne verso soluzioni legali e opportunità di lavoro.

Tra le attività preventive previste dalle norme, prima che un fatto di violenza di genere approdi innanzi all’Autorità Giudiziaria, possiamo annoverare il c.d. ammonimento questorile, provvedimento che da un lato cerca di tutelare la vittima facendo da deterrente per eventuali e future condotte violente, dall’altro potrebbe determinare un melius re perpensa in capo al responsabile facendo cessare le condotte violente.

L’ammonimento del Questore è una misura di prevenzione amministrativa per la violenza domestica; si tratta di un avvertimento formale da parte del Questore all’autore di condotte violente e persecutorie, intimandogli di cessare immediatamente ogni forma di molestia, minaccia o intrusione nella vita privata della vittima.

Serve, principalmente, a dissuadere l’autore e a tutelare rapidamente la vittima, anche prima che il reato si sia formalmente configurato.

Il procedimento che porta all’ammonimento viene azionato dalla vittima che può richiederlo recandosi in qualsiasi ufficio di polizia.
Per azionare il procedimento di ammonimento occorre che la vittima non abbia ancora presentato formale denuncia/querela.
Si tratta, quindi, di uno strumento preventivo che interviene allorché vi siano elementi sufficienti a ritenere che un soggetto stia compiendo atti che rientrano nelle condotte dei reati di violenza di genere.

All’esito della richiesta, il Questore (o l’ufficiale di polizia delegato) convoca il soggetto, presunto autore delle condotte violente, e lo ammonisce dal porre in essere ulteriori atti di molestia e/o violenza, invitandolo nel contempo a partecipare a percorsi di recupero psicologici istituiti presso consultori familiari o centri di salute mentale.

L’ammonimento determina ulteriori effetti in capo all’ammonito, quali ad esempio la revoca del porto d’armi. L’ammonimento non ha una durata predeterminata, ma può essere revocato.

Per combattere questo fenomeno si sono create così delle sinergie tra i diversi interpreti in campo, in ottica preventiva e di tutela della vittima, senza trascurare l’eventuale attività di recupero psicologico del soggetto violento/maltrattante, ciò per evitare che la cronaca nera debba riferire, quasi giornalmente, gravi fatti di sangue legati alla violenza di genere.

AVV. ELENA CASSELLA