CATANIA – Nuovi aggiornamenti sui 10 arresti eseguiti questa mattina a Catania nell’ambito dell’operazione “Parco Giochi“ da oltre 80 carabinieri del comando provinciale etneo. I soggetti finiti in manette sono gravemente indiziati di essere membri di un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e responsabili di detenzione e porto illegale di armi e munizioni.

Operazione “Parco giochi”: i nomi degli arrestati
- Carmelo Palermo, nato a Catania, 31 anni, capo ed organizzatore di una delle piazze di spaccio;
- Alessandro Caffarelli, nato a Catania, 27 anni, capo ed organizzatore di una delle piazze di spaccio;
- Piero Blanco, nato a Catania, 56 anni, partecipe dell’organizzazione;
- Salvatore Christian Greco, nato a Catania, 23 anni, partecipe;
- Michael Gaetano Lazlaro, nato a Catania, 24 anni, partecipe;
- Orazio Santagati, nato a Catania, 28 anni, partecipe;
- Rosario Viglianesi, nato a Catania, 26 anni, partecipe;
- Sebastiano Raffaele Torrisi, nato a Catania, 32 anni, per detenzione e porto illegale di armi e munizioni.
- Angela Campo, nata a Catania, 31 anni, partecipe (arresti domiciliari)
- Nancy Sofia Campo, nata a Ravenna, 25 anni, partecipe (arresti domiciliari).
Perché il nome “Parco Giochi”
Il Gip ha anche disposto l’interrogatorio preventivo, con riserva di pronunciarsi sulle loro posizioni, nei confronti di altri due indagati. L’attività d’indagine – denominata “Parco Giochi” dal nome della chat di gruppo utilizzata dagli indagati per comunicare, facente riferimento al parco giochi ubicato nel quartiere San Giorgio di Catania dove erano soliti riunirsi – traeva le sue origini da un duplice danneggiamento seguito da incendio verificatosi la notte del 17 maggio 2023 ai danni di due attività imprenditoriali di Santa Venerina.
Dalle intercettazioni alla scoperta dell’organizzazione criminale
Il sopralluogo – a cura dei carabinieri di Giarre – ha permesso di rilevare, per uno degli eventi, delle impronte digitali che gli accertamenti del Ris di Messina hanno ricondotto con certezza a Salvatore Christian Greco. Le indagini, eseguite mediante intercettazioni telefoniche e telematiche, si sono concentrate dunque su Greco, il cui monitoraggio ha svelato l’esistenza di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti (cocaina, crack, hashish e marijuana) che avrebbe controllato quattro piazze di spaccio, dislocate nelle periferie della città di Catania e nel comune di Misterbianco.
Il simbolo “preso in prestito” dal Milan e modificato
Alcuni dei sodali dell’organizzazione criminale, sulla base di precedenti attività di indagine, risulterebbero affiliati al clan mafioso dei Cursoti milanesi. Tutti gli arrestati nell’ambito del presente procedimento penale avrebbero manifestato fortissima vicinanza al predetto clan, di cui avrebbero mutuato simboli e modalità operative. Gli associati, infatti, avrebbero ostentato come simbolo identificativo lo stemma della squadra di calcio A.C. Milan (utilizzato dai Cuirsoti Milanesi come proprio simbolo) opportunamente modificato con l’inserimento della scritta “SSI” e dell’anno “2022”, corrispondente presumibilmente a quello di formazione del gruppo. La stessa simbologia ricorreva anche in relazione ai capi di abbigliamento utilizzati dagli indagati – che si definiscono “milanesi” e non “milanisti” — a dall’utilizzo di adesivi apposti sui veicoli in loro uso.
Le armi a disposizione dell’organizzazione
La pericolosità dell’organizzazione risiederebbe anche nella considerevole disponibilità di armi – cripticamente definite “cugino” nelle conversazioni intercettate – che essi avevano l’abitudine di portare con sé mentre si muovevano per le vie cittadine. Emblematico di ciò è quanto accadde la sera del 4 dicembre 2023, quando i carabinieri di Giarre – avuta cognizione dall’attività di monitoraggio che gli indagati, facendo sfoggio di diverse armi nella loro chat di gruppo, avevano intenzione di effettuare una spedizione punitiva nei confronti di un pregiudicato appartenente a un’altra consorteria criminale – con l’ausilio di militari del comando provinciale carabinieri di Catania e della compagnia Fontanarossa, effettuarono un blitz in un appartamento dove trovarono ed arrestarono 8 soggetti che avevano nella loro disponibilità 3 pistole, di cui due clandestine, e 4 caricatori con relative munizioni. Una delle armi sequestrate, quella stessa sera, era stata utilizzata per degli spari in luogo pubblico.
L’esigenza di mostrare le armi e il loro porto anche in banali circostanze della vita quotidiana sarebbe indice della necessità del gruppo di esibire la sua “potenza di fuoco” al fine di accreditarsi in un contesto territoriale storicamente impregnato di disvalori mafiosi, dove la disponibilità di armi conferisce all’associazione un’implicita pericolosità e di conseguenza il riconoscimento del rispetto dovuto. Ciò, unito alla costante presenza sul territorio, avrebbe consentito all’organizzazione di monitorare i movimenti delle Forze dell’Ordine e di intervenire, sostituendosi alle Istituzioni, per dirimere controversie, individuare gli autori di un furto in abitazione e per operare il pestaggio di un giovane abitante nel confinante quartiere di Librino.
Il tentativo di “marcare il territorio”
Tutto questo, dunque risulterebbe essere fatto anche allo scopo di rimarcare la loro forza agli occhi delle fazioni contrapposte o incutere timore per le eventuali risoluzioni di dispute sulla gestione delle piazze di spaccio degli stupefacenti e quindi per il loro approvvigionamento. Nel corso delle indagini sarebbe emersa anche la responsabilità di tre degli indagati che, con il benestare dei promotori dell’associazione, avrebbe perpetrato un’estorsione con la tecnica del “cavallo di ritorno“, per il controvalore di 500 euro, nei confronti del proprietario di un ciclomotore rubato nella discoteca “Vecchia Dogana“.
Quanto “fruttava” il traffico di stupefacenti
Il profitto dell’associazione ammonterebbe a circa 3mila euro al giorno e i suoi membri riceverebbero uno stipendio di circa 600 euro a settimana, con dei “premi” in caso di consegne di stupefacente o altri servigi prestati a favore della consorteria criminale. L’organizzazione, che poteva contare sull’esistenza di una cassa comune, avrebbe garantito anche l’assistenza agli associati in caso di arresto come accaduto nel caso di una donna, arrestata nel corso delle indagini per aver detenuto 465 grammi di cocaina, alla quale sarebbero state rimborsate le spese legali e sarebbe stato pagato il biglietto aereo per raggiungere un’altra regione dove era stata poi sottoposta agli arresti domiciliari.
Nel corso dell’attività – riscontrata con 2 arresti e una denuncia per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, 8 arresti per detenzione illegale di armi, anche clandestine, e due denunce per detenzione abusiva di munizioni – sono stati sequestrati 500 grammi tra cocaina, hashish e marijuana, 3 pistole, 1 fucile a canne mozze, e settanta munizioni di diverso calibro.





