La vera sfida è la sostenibilità futura del nostro servizio sanitario nazionale e la gestione delle cronicità, vera emergenza dei servizi sanitari pubblici. L’aumento della aspettativa di vita, con incremento della popolazione anziana significa un sempre più crescente numero di malati cronici con conseguente necessità di gestire questioni sempre più complesse nel territorio. Ad oggi nella nostra regione tale importante fenomeno non è stato governato, considerato che le attuali risposte prevalenti, frammentate, non di sistema e non coordinate, rappresentano soluzioni parziali non esaustive, in una logica di medicina di attesa, in corso di riacuzie di malati cronici con comparsa di complicanze, causate dal mancato controllo e rallentamento della progressione di malattie croniche in costante evoluzione. L’urgenza è oggi intervenire sui fattori che causano la progressione delle malattie croniche, essendo questo il metodo idoneo per prevenire le complicanze. Si deve, quindi, necessariamente agire per cambiare la storia naturale delle malattie, rallentandone la progressione e ove possibile bloccandone l’evoluzione.
Il costo sociale ed economico di questo tipo di azione è rilevante, non deve tuttavia meravigliare che oggi l’enorme consumo di risorse non utili, a fronte del cambiamento indispensabile di strategia, è molto più rilevante oltre che inefficace al raggiungimento di risultati. Occorre transitare sul piano organizzativo in una condizione diversa come realizzato all’estero ed in alcune regioni italiane. Non può essere sottovalutata la mancata percezione del bisogno sanitario da parte di molti malati, anche per il rifiuto di molti di essi a considerarsi tali, con ulteriore peggioramento della già grave situazione. Una gestione più moderna ed efficace dei malati cronici porta alla consapevolezza dell’improcrastinabile transito ad una medicina di famiglia diversa, di iniziativa, attiva e non di attesa, con una precisa conoscenza della storia naturale delle malattie croniche, evitando le diagnosi tardive e la progressione non controllata di condizioni morbose evolutive e complicanti. Si dovranno definire e condividere con gli specialisti i percorsi di diagnosi e cura per meglio definire e condividere l’assistenza alle persone malate delle ormai frequenti e comuni forme morbose croniche.
La medicina generale per poter essere all’altezza del compito e della sfida deve rimodulare la sua azione nell’ottica di una medicina di iniziativa più adatta alla gestione condivisa dei malati cronici. Il bisogno di cambiamento organizzativo nel territorio sia per la medicina generale che per la specialistica è indifferibile. Occorre dotarsi di nuovi sistemi organizzativi con modelli idonei al supporto di una nuova attività condivisa con garanzia di idonei percorsi di diagnosi, terapia ed assistenza in un sistema a rete con gli specialisti e le altre figure professionali necessarie. La medicina di famiglia non può perdere ulteriormente competenze esclusive, piuttosto si dovrà rilanciare il modello operativo rendendo il medico di famiglia il vero motore della riorganizzazione del territorio.
Ci sarà di sicuro una maggiore complessità organizzativa a parità di impegno clinico, anzi il tempo per le attività cliniche non sarà ridotto con la più idonea organizzazione, ma al contrario aumenterà perché le incombenze burocratiche ed amministrative enormi, oggi sulle spalle dei medici di famiglia, passeranno al dovuto supporto amministrativo. Più tempo clinico al medico si ottiene migliorando la organizzazione del lavoro e sostenendo concretamente la professione del medico di famiglia. Il cambiamento della società e dei ruoli, la diminuzione dei posti letto, la necessaria presa in carico del malato cronico nel territorio ha modificato la medicina generale con aumento del carico di lavoro non clinico.
Ripensiamo i modelli organizzativi, ruolo e funzioni per realizzare la centralità del malato, ma anche della medicina generale quale nucleo motore della medicina territoriale. Non dimentichiamo insieme alla nuova organizzazione l’Uomo, il professionista capitale strategico prezioso nella gestione dei malati. Interagire, applicare le conoscenze con le nostre capacità significa produrre in modo coordinato ed integrato i migliori risultati di diagnosi e cura, dovendosi ritenere inscindibile il legame fra cultura, organizzazione, formazione e lavoro. Favoriamo la trasformazione delle nostre personali esperienze in conoscenze comuni, non è più tempo di attendere, ma di agire per cui definiamo un sistema integrato a rete, procedure e responsabilità. In questa situazione attuale il medico di famiglia ha un profondo disagio perché non riesce a valorizzare le sue abilità, esperienze e conoscenze. Regole stringenti, oneri amministrativi enormi, ogni giorno grande fatica non compresa e valorizzata come dovrebbe. Superiamo le divisioni e le frammentazioni degli interventi, sviluppiamo insieme i percorsi, potenziamo la domiciliarità e le cure intermedie, transitiamo in un sistema più efficace ed efficiente, unica possibilità per assicurare la sostenibilità.