PALERMO – Il giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta, Santi Bologna, ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta avviata sulle dichiarazioni rese dal pentito Maurizio Avola in merito alle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Secondo il magistrato, le accuse formulate dal collaboratore di giustizia nei confronti di alcuni esponenti di Cosa nostra catanese — tra cui Aldo Ercolano, Marcello D’Agata ed Eugenio Galea — “non trovano alcun riscontro” nelle indagini svolte.
“Totale falsità del narrato”
La richiesta di archiviazione era stata avanzata dal procuratore Salvatore De Luca e dall’aggiunto Pasquale Pacifico, secondo cui “quanto emerso non può che far propendere per la totale falsità del narrato”.
Il gip ha condiviso questa valutazione, sottolineando che le indagini e le intercettazioni disposte su Avola — “lunghe e pervasivamente condotte” — non hanno consentito di accertare se e in che misura le sue dichiarazioni siano state eterodirette.
Le motivazioni del giudice
Nel decreto di archiviazione si evidenzia come sia stata condotta una “corposissima attività di verifica”, che ha analizzato in modo approfondito ogni possibile riscontro alle dichiarazioni del pentito. Tuttavia, nessun elemento concreto ha confermato le sue versioni dei fatti.
Il gip richiama anche “una serie di elementi che incidono sulla credibilità generale del dichiarante”, tra cui la tardività nella scelta di collaborare e la “difficile interpretazione delle motivazioni personali” che lo hanno spinto a parlare dopo molti anni.
Nessun riscontro sulle stragi
In merito alla strage di Capaci, Avola aveva fornito “dichiarazioni generiche”, prive di riferimenti specifici che potessero dimostrare una partecipazione diretta sua o di altri catanesi alla fase preparatoria dell’attentato.
Per quanto riguarda la strage di via D’Amelio, in cui il pentito del clan Santapaola si era autoaccusato dell’esecuzione materiale insieme ai boss Aldo Ercolano, Giuseppe e Filippo Graviano e Matteo Messina Denaro, il giudice ha rilevato “molteplici incongruenze e contraddizioni” che rendono il suo racconto non attendibile e privo di riscontri oggettivi.
Fine di una pista investigativa
Con questa decisione, il tribunale di Caltanissetta mette la parola fine a una pista investigativa che, negli ultimi anni, aveva riaperto interrogativi sul coinvolgimento di uomini di Cosa nostra catanese nelle due stragi che nel 1992 costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e agli agenti delle loro scorte.



