PALERMO – Un fortissimo applauso ha rimbombato nella cattedrale di Palermo per accogliere la bara di Paolo Taormina, il ventunenne ucciso domenica scorsa con un colpo di pistola.
La madre, Fabiola Galioto, il padre Giuseppe e la sorella Sofia siedono in prima fila.
I funerali di Paolo Taormina
Al funerale anche il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, che visibilmente commosso ha abbracciato la madre di Paolo. Il primo cittadino ha disposto il lutto cittadino. Tutta Palermo resta in silenzio per la morte ingiusta di uno dei suoi figli: i palazzi comunali espongono le bandiere a mezz’asta e l’amministrazione comunale ha invitato tutti gli esercizi commerciali ad un’astensione dalle ore 10,30 alle 10,40, in concomitanza con l’inizio delle esequie.
Fermate anche al porto per 15 minuti le attività, mentre le navi ormeggiate emetteranno un triplice fischio di sirena. “È il nostro modo di dire che ci siamo, accanto alla famiglia e agli amici di Paolo”, hanno dichiarato Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. L’Autorità portuale ha parlato di “un impegno collettivo a costruire una Palermo più giusta, più sicura e più umana”.
Sulla bara bianca sono poggiati due cuori di rose bianche e rosse con le iniziali del giovane. Il feretro è circondato dagli amici del giovane, seduti a terra, con le gambe incrociate. Indossano una maglietta con una foto che ritrae Paolo e la scritta “Sarai per sempre nei nostri cuori”.
“Un dolore inconsolabile”
“Un dolore inconsolabile. Un urlo che arriva fino al cielo. È assurdo che un figlio venga rubato ai genitori, alle sorelle, ai fratelli, agli amici. Al suo lavoro e alla comunità cittadina. Siamo qui, raccolti e chiamati da Paolo che è stato ucciso. Chiamati dai figli di Rachele, da Abele, da tutti gli uccisi dalla violenza omicida. E non abbiamo parole. Perché di fronte al dolore abissale e inspiegabile, le parole non sono nulla”. Così l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nell’omelia.
“Gli amici di Giobbe – come si legge nella Bibbia – che provano a giustificare la catena di disgrazie cadute addosso al loro povero compagno, mettono in scena una parodia della giustizia, una inutile difesa di Dio, di fronte alla quale Giobbe ricorda loro il rispetto che si deve al dolente: ‘A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio’. E questo rispetto è fatto di prossimità e di silenzio. Nel silenzio proviamo a comprendere una goccia dello strazio di voi genitori, parenti, amici, della città tutta”.
Pronunciando i nomi dei familiari della vittima (Giuseppe, Fabiola, Sofia e Mattia), Lorefice ha detto: “Piango e con voi rivolgo al Signore la domanda terribile che urla nei vostri cuori: perché? Sono con voi per dirvi che Paolo non è scomparso, non è finito nel nulla, egli vive anche nel cuore di Cristo“.
“Nessuna motivazione rende legittima l’uccisione di un uomo. E piangendo per Paolo – aggiunge l’arcivescovo – piangiamo per tutti i morti, uccisi dalle guerre, dalla mafia, dalla violenza, dal narcisismo delirante, dal culto della forza virile. La giustizia deve fare il proprio corso. Ma scacciamo dal nostro cuore la voglia di uccidere Caino“.
“Come scrivevamo con l’arcivescovo di Monreale, monsignor Gualtiero Isacchi, non si tratta solamente di presidiare e mettere a soqquadro i quartieri a rischio o i luoghi della movida, bensì di essere presenti tutti e insieme, a cominciare dalle istituzioni civili, militari, scolastiche, religiose, con una politica della cura dei più fragili. Fragili per mancata equa destinazione di lavoro, casa, pane, per accesso alla cultura, per opportunità occupazionali e di crescita umana e spirituale“.