ITALIA – Ormai ci troviamo alla fine di settembre, in autunno inoltrato e con ottobre alle porte. Ognuno di noi è ritornato alla propria routine quotidiana, tra lavoro, università/scuola e attività di varie tipologie, come hobby, passioni o sport. Sempre più spesso siamo sottoposti a ritmi frenetici, viviamo “di corsa” e ci fermiamo solo una volta rientrati a casa. In quest’ambito, risulta difficile riuscire a conciliare tutti gli impegni, tanto da tralasciare qualcosa pensando poi di poterla fare in seguito. Inoltre, nella vita giornaliera, già abbastanza piena di suo, rientra anche un fenomeno, che negli ultimi anni si verifica frequentemente e sta prendendo quasi il “sopravvento”, ovvero il “Popcorn Brain“.
Il fenomeno del “Popcorn Brain”
Il “Popcorn Brain” consiste nella sovra-stimolazione del cervello, derivata principalmente dai dispositivi tecnologici moderni, quali smartphone, tablet e/o computer.
Già oltre un paio di decenni fa, per l’esattezza nel 2001, lo psicologo David Levy, definì e descrisse tale stato come una sensazione di “affaticamento cognitivo“, che comporta anche un rapido calo dell’attenzione e una mancanza di concentrazione quasi “perenne”, scaturita dall’utilizzo continuo di dispositivi elettronici.
Il termine richiama lo “scoppiettare” tipico del mais, che una volta cotto si trasforma in popcorn. Allo stesso modo il nostro cervello, sottoposto in continuazione a stimoli provenienti da diverse parti, viene sollecitato, in maniera anche abbastanza caotica/confusionaria, spostandosi da un pensiero all’altro. Potremmo in un certo senso paragonarlo allo “switchare” o al fare “zapping” nei canali della TV.
Il cervello quindi, in balia di queste stimolazioni frequenti, alterna fasi di “stallo” a momenti di “ipervelocità“, attraverso cui ciascuno di noi elabora questi input per trasformarli poi in output.
L’influenza della tecnologia
Le modalità con le quali però assumiamo le informazioni iniziali (input), incidono molto sul risultato finale che poi otterremo (output). Attualmente ci troviamo in una società molto virtualizzata. Ci avvaliamo dei mezzi tecnologici quasi per tutto, anche per gesti abituali e normali, come controllare il meteo, impostare la sveglia o scrivere un promemoria sull’agenda.
Infatti, le notifiche che spesso guardiamo/controlliamo facendo scorrere il dito sulla tipica “tendina” dello schermo, creano un flusso ininterrotto di contenuti informativi, con messaggi, avvisi o news generiche.
Con le varie applicazioni del cellulare, anche di messaggistica istantanea, social o altro, la nostra mente è in continuo “movimento“, ed è indotta a produrre le energie necessarie per far fronte alla mole di materiale che arriva, con la ripetuta esposizione tecnologica e multipla.
Il paragone tra neuroni e mais
È proprio in questi momenti che, “bombardati” da mille notifiche diverse, il nostro cervello tende a sviluppare una modalità di funzionamento più superficiale e poco “approfondita”, dovuta anche al famoso “multitasking” a cui siamo sottoposti.
Il fenomeno del “Popcorn Brain” è una conseguenza dell’adattamento della materia grigia, per “fronteggiare” l’esigenza scaturita dall’iper-connessione e dalla successiva sovra-eccedenza d’informazioni con le quali ogni giorno veniamo quasi “bersagliati”.
I neuroni, metaforicamente rappresentati dai popcorn, “saltellano” verosimilmente come lo scoppiettio del mais cotto, in modo da essere performanti, “forti” e ricettivi nel momento in cui giungono gli stimoli digitali esterni in maniera intermittente.
Questa velocità però non permette l’assimilazione profonda e completa delle informazioni, per “raggiungere” più materiale nel minor tempo possibile.