Palermo, 43 anni dalla strage di via Carini: ricordando il generale Carlo Alberto dalla Chiesa

Palermo, 43 anni dalla strage di via Carini: ricordando il generale Carlo Alberto dalla Chiesa

PALERMO – 43 anni dalla scomparsa del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, un uomo dai grandi valori che, tra le tante attività della propria carriera lavorativa, indagò sui traffici di Cosa Nostra, per contrastare la criminalità organizzata in Sicilia e soprattutto a Palermo.

Storia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa

Entrò a far parte dell’Arma durante la Seconda Guerra Mondiale, partecipando alla Resistenza. Lottò contro le Brigate Rosse come generale di brigata e fece istituire il “Nucleo Speciale Antiterrorismo“. In seguito, dopo essersi spostato in diverse città d’Italia, tornò in Sicilia con il grado di colonnello, a comando della Legione Carabinieri di Palermo, occupando l’incarico di Prefetto.

Nel tentativo di reprimere/contrastare gli episodi di violenza delle Brigate Rosse, si baso sugli stessi metodi già utilizzati contro le organizzazioni mafiose in Sicilia. Questi consistevano nell’infiltrazione di alcuni uomini dentro gruppi terroristici, per scoprire i loro schemi di potere e capire meglio come muoversi, studiando un “piano d’azione”.

Il 6 aprile 1982 venne nominato Prefetto di Palermo. L’insediamento vero e proprio però si verificò a fine mese, precisamente il 30 aprile, giorno dell’omicidio di Pio La Torre, anch’egli ricordato per il suo impegno nella battaglia contro Cosa Nostra. Il suo obiettivo principale era quello di ottenere un riscontro positivo, così com’era stato nella lotta verso le Brigate Rosse.

Carlo Albero dalla Chiesa nutriva però forti dubbi sulla propria nomina, ma nonostante questa sorta di “sesto senso”, si lasciò convincere dal ministro Virginio Rognoni a ricoprire l’incarico. Fin da subito, nelle prime settimane, ci furono svariate lamentele a causa di gravi mancanze, quali il sostegno da parte dello Stato e il rispetto degli impegni assunti in precedenza dal governo. I “poteri speciali” promessi inoltre, tardavano ad arrivare, e all’atto pratico poi non giunsero mai.

L’impegno nella lotta verso Cosa Nostra

A luglio fece in modo di trasmettere alla Procura di Palermo il cosiddetto “Rapporto 162“, al cui interno era stato ricostruito dettagliatamente l’organigramma delle famiglie mafiose palermitane. Grazie all’importante sinergia profusa dalle forze dell’ordine, e mediante indagini mirate e comprovate, era stato possibile “svelare” diversi nomi. Ad agosto rilasciò alcune dichiarazioni in cui manifestava il suo disappunto verso le carenze di mezzi e sostegno, elementi necessari nella lotta alla mafia.

In un’intervista del giornalista Giorgio Bocca, affermava quanto Cosa Nostra ormai avesse potere sull’intera Regione. In quest’ultima afferma che: “Oggi mi colpisce il policentrismo della Mafia, anche in Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la Mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la Mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?”.

I “Cavalieri del Lavoro” a Catania

Delle parole forti, che diedero “fastidio” a coloro che venivano soprannominati “Cavalieri del Lavoro” catanesi, ovvero Carmelo Costanzo, Mario Rendo, Gaetano Graci e Francesco Finocchiaro. Infatti, sopraggiunse in loro una sensazione di grande risentimento, avviando una lunga polemica ufficiale, iniziata da Mario D’Acquisto, l’allora Presidente della Regione Siciliana. Quest’ultimo invitò Carlo Alberto dalla Chiesa ad esporre pubblicamente e in maniera specifica sia il contenuto che le fonti di quelle dichiarazione, dimostrandone l’attendibilità.

Poco dopo, tramite una telefonata anonima giunta al commissariato di Palermo, probabilmente da parte del boss Filippo Marchese, venne annunciata per la prima volta l’intenzione di voler uccidere il generale. Il capo mafia menzionò gli ultimi e recenti omicidi di mafia, cercando così di “spaventare” Carlo Alberto dalla Chiesa.

Strage di via Carini

Il 3 settembre 1982 alle 21:15, l’auto, una A112, con a bordo lui e la moglie, fu affiancata in via Isidoro Carini da una Bmw Serie 5, guidata da Calogero Ganci, con accanto Antonio Madonia, da cui esplosero trenta raffiche di Kalashnikov AK-47. Fu ucciso circa quattro mesi dopo il suo insediamento. Nella cosiddetta strage di via Carini, rimasero coinvolti anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.

Infatti, quasi contemporaneamente, il veicolo di Russo, che si trovava in coda per seguire l’auto del prefetto, venne avvicinato da una motocicletta Honda Cb, guidata da Giuseppe Lucchese, insieme a Giuseppe Greco, da cui partì un’altra “scarica” di AK-47, ferendo gravemente l’agente. Quest’ultimo fu poi immediatamente soccorso e trasportato in un ospedale di Palermo. Purtroppo però non riuscì a sopravvivere, morendo dodici giorni più tardi.

L’abbandono in un momento di fragilità

Ai funerali nella Chiesa di San Domenico, vi era una folla gremita di persone, molte delle quali protestarono contro le presenze politiche. Quest’ultime infatti, e più ampiamente anche lo Stato, vennero accusate di aver lasciato solo il generale Carlo Alberto dalla Chiesa.

Attimi di tensione/scompiglio tra la gente e le autorità, tant’è che la figlia, Rita dalla Chiesa, chiese di rimuovere i fiori inviati dalla Regione Siciliana. Sul feretro rimasero soltanto il tricolore, la sciabola, il berretto della sua divisa, le relative insegne delle onorificenze e la sciarpa azzurra ufficiale.

Per gli omicidi vennero condannati all’ergastolo come mandanti, alcuni boss di Cosa Nostra, ovvero Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. In qualità di esecutori materiali dei tre delitti invece, vennero designati Vincenzo Galatolo, Antonino Madonia, Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.

Oggi, a 43 anni di distanza dall’omicidio di Carlo Alberto dalla Chiesa

Nella giornata di oggi, per celebrare e ricordare Carlo Alberto dalla Chiesa e il suo impegno profuso nella lotta alla mafia, a 43 anni di distanza dall’omicidio, vengono organizzate diverse iniziative, tra cui anche manifestazioni, commemorazioni, cerimonie e cortei in molte città d’Italia, ma specialmente in Sicilia e nella sua Palermo.