Sant’Agata d’estate, l’omelia completa dell’arcivescovo Renna

Sant’Agata d’estate, l’omelia completa dell’arcivescovo Renna

CATANIA – Il 17 agosto segna per Catania una ricorrenza speciale: la festa della traslazione delle reliquie di Sant’Agata, quando, nel 1126, le sacre spoglie della giovane martire tornarono nella sua città, riportando speranza e fede al popolo catanese dopo oltre un secolo di lontananza.

È una data che unisce memoria storica e devozione, e che invita ogni anno i fedeli a riscoprire il legame profondo con la patrona.

In questa occasione, durante la XX domenica del Tempo Ordinario, l’arcivescovo Luigi Renna ha pronunciato un’omelia intensa e vibrante, richiamando i catanesi a purificare, rinnovare e attualizzare il rapporto con Sant’Agata e a lasciarsi infiammare dal fuoco del Vangelo.

Riportiamo di seguito il testo integrale dell’omelia.

L’omelia di oggi

“Carissimi fratelli e sorelle,
all’alba del 17 agosto di ottocentonovantanove anni fa, un grido di gioia, secondo una attestata tradizione, si diffondeva nella nostra città: le reliquie di Sant’Agata tornavano a Catania, era finalmente possibile venerare la santa catanese di cui era rimasta viva la memoria nonostante per più di un secolo la vita cristiana fosse stata mortificata, ma non cancellata. Il legame tra Agata e Catania non si era interrotto, ma da quel 17 agosto del 1126, si è ravvivato. Questo legame non va vissuto mai automaticamente, ma va’ sempre purificato, rinnovato, attualizzato.

Va’ purificato da tutto ciò che lo inquina: la nostra superficialità, il relegare la sua devozione e il richiamo al suo esempio solo ad alcuni giorni dell’anno e poi rinchiuderla non nella cammarredda, ma nel dimenticatoio di una vita che non si lascia scalfire dalla sua testimonianza di fede. Va purificato da tutto ciò che è indegno di lei, come ad esempio quanto avvenuto quando alcuni hanno osato mescolare il loro nome, carico di un malaffare da cui preghiamo Sant’Agata che si convertano, con una candelora, che ricordiamo, è un segno di fede da rispettare.

Il legame con Sant’Agata va rinnovato con una la preghiera autentica e un impegno di vita cristiana più coerente. Infine va attualizzato, perché ogni tempo storico ci chiede di rendere ragione della nostra fede, ed attuale non è semplicemente l’appuntamento puntuale con la Messa dell’aurora o le processioni del busto reliquiario: è quello che fa i conti con le nostre responsabilità che, come cristiani illuminati dall’esempio di sant’Agata, non possiamo non prenderci.

Di responsabilità, di tempo attuale, di pace, ci parla oggi il Vangelo, quella stessa parola che la giovane Agata avrà ascoltato tante volte nella celebrazione dell’Eucarestia. Tre espressioni di Gesù oggi richiamano in particolare la nostra attenzione.

«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra: e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). È il desiderio di Cristo che si guarda attorno, allora come oggi, e ci dice che la sua Parola e la salvezza sono come un fuoco destinato a riscaldare il gelido indifferentismo umano e ad illuminare il buio causato dall’egoismo. Il fuoco è contagioso e divampa, e Cristo lancia dal suo cuore quasi un grido che vuole sia accolto dal nostro cuore. Quel fuoco d’amore che è divampato sulla terra ha trovato nei santi e in sant’Agata l’accoglienza di chi si è lasciato infiammare. Lo stesso battesimo di cui parla Gesù è la sua morte e risurrezione, e da esso si sono lasciati contagiare i santi come Agata. Cosa è stato il martirio di sant’Agata se non un “bruciare d’amore” come Cristo, per illuminare anche noi oggi, a distanza di secoli? La luce di quella fiamma riverbera ancora oggi, e ci chiede: «Ma ti stai lasciando infiammare dal fuoco che Cristo è venuto a portare sulla terra?» Quel fuoco si chiama fede, si chiama carità, si chiama speranza; quel fuoco si chiama desiderio di bene e di pace.

Abbiamo anche ascoltato una frase di Cristo che risuona in forma di interrogativo: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma divisione» (Lc 12,51). Queste parole hanno bisogno di chiarimento perché possiamo confonderle con la conflittualità, tante volte facilmente legittimata, che agita il mondo e che vediamo sorgere nelle relazioni di ogni tipo, familiari, sociali, politiche e persino ecclesiali, e dico persino perché la Chiesa dovrebbe essere una scuola di pace e di concordia. La divisione di cui parla Gesù Cristo è quella fra chi segue la strada delle beatitudini, della mitezza, della pace, tracciata da Cristo, e chi invece nella vita sceglie altro.

[…]

Infine Gesù ci pone una ulteriore domanda: «Sapete valutare giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete valutarlo?» (Lc 12,56). Questo tempo storico ci pone degli interrogativi, soprattutto su come pensare il nostro futuro […]

Sant’Agata ha saputo giudicare il tempo in cui era urgente dare testimonianza a Cristo e non si è tirata indietro. Anche noi vogliamo fare come lei! È tempo di una testimonianza cristiana più coerente e verace. È tempo di aiutare la nostra città e i nostri quartieri a risorgere. È tempo di dare uno sviluppo nuovo al volontariato che si prenda cura dei più fragili e di impegnarsi in una politica che abbia a cuore la concordia per affrontare i problemi.

Noi agiamo in base a ciò che sentiamo dentro, e oggi vogliamo riascoltare le motivazioni che hanno portato sant’Agata a testimoniare Gesù Cristo. Sant’Agostino diceva che noi agiamo sempre in base a ciò che ci piace di più (delectatio victrix): che ci piaccia di più ciò che piace a Dio, ciò che ci rende graditi a lui, così come è stato sant’Agata. Così saremo anche sicuri di fare ciò che è bene per gli altri, nostri fratelli in Cristo”.