Sistema idrico, la Corte dei conti bacchetta la Regione

Sistema idrico, la Corte dei conti bacchetta la Regione

SICILIA – Gravi criticità strutturali, ritardi negli interventi, gestione inefficiente e impianti obsoleti: è il quadro allarmante del sistema idrico siciliano tracciato dalla Corte dei conti nella delibera di approvazione delle bozze di referto sulla gestione dello stato di emergenza legato al grave deficit idrico dell’Isola. Un sistema afflitto non solo dalla siccità, ma soprattutto da deficit di programmazione, infrastrutture fragili, concessioni poco trasparenti e da un Dipartimento regionale acqua e rifiuti (Dar) depotenziato, che avrebbe dovuto essere il cuore gestionale ma soffre per la mancanza di adeguate dotazioni organiche e professionali.

Gestione idrica in Sicilia: la Corte dei conti punta il dito alla Regione

L’Autorità di bacino stima un volume complessivo di progetto degli invasi pari a 1,1 miliardo di metri cubi d’acqua, ma una parte rilevante va perduta per mancanza di manutenzione e per limitazioni imposte dalle strutture ministeriali competenti. Dei 45 grandi invasi siciliani, solo 18 funzionano a pieno regime, mentre 20 subiscono limitazioni di riempimento (10 per assenza di collaudo e 10 per ragioni di sicurezza) e 7 risultano fuori uso o in costruzione. In questo contesto, il volume realmente disponibile scende a 757 milioni di metri cubi, appena il 67% del potenziale.

I mancati collaudi si confermano una delle cause principali di questa riduzione: quando l’acqua supera il limite consentito, come avvenuto più volte per la diga Trinità, il surplus deve essere sversato anziché accumulato. Le conseguenze si intrecciano con una gestione spesso inefficiente: in Sicilia il Dar è allo stesso tempo concedente e concessionario di 26 dighe, una doppia veste che secondo i giudici contabili aggrava le criticità, a differenza dei casi in cui i ruoli sono separati.

Altre criticità

A peggiorare il quadro, interrimento e accumulo di sedimenti in diversi invasi – in alcuni casi quasi totali, come per la diga di Lentini e quella di Comunelli – riducono drasticamente la capacità di raccolta. Mancano inoltre verifiche sismiche, molte opere risultano incompiute o inutilizzate e le infrastrutture di adduzione soffrono perdite significative. Sul piano amministrativo, la frammentazione delle competenze tra enti diversi impedisce un’azione coordinata ed efficace, mentre i Consorzi di Bonifica e le Assemblee territoriali idriche mostrano gravi carenze gestionali, arretratezza e morosità elevata.

Il piano miliardario

Nonostante già nel febbraio 2023 l’Autorità di bacino avesse sollecitato misure urgenti di risparmio idrico, la Corte rileva che molti interventi – come lo sfangamento prioritario degli invasi – sono rimasti inattuati. A medio-lungo termine esiste un piano da 1,3 miliardi di euro, di cui il 60% già finanziato, per mettere in sicurezza il sistema, rifare reti e adduttori, liberare gli invasi dai sedimenti, messa in sicurezza delle dighe e riuso delle acque reflue per l’agricoltura. Ma la domanda della magistratura contabile resta aperta: quale sia lo stato di attuazione reale di queste opere.