PALERMO – Sono passati 46 anni dall’omicidio di Boris Giuliano, capo dell’allora Squadra Mobile di Palermo, investigatore e super-poliziotto, ucciso da Cosa Nostra.
L’omicidio di Boris Giuliano a Palermo
Era una mattina come tante altre quella del 21 luglio 1979, e si trovava al bar “Lux“, luogo in cui abitualmente andava prima di recarsi a lavoro. Ma quel giorno in particolare, nessuno avrebbe mai immaginato quella fine per Boris Giuliano. Sette furono i colpi di pistola sparati dal suo carnefice, che poi si scoprì essere Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina.
All’epoca si stavano già verificando diversi omicidi di mafia, e di certo i corleonesi non potevano permettersi ulteriori attenzioni da polizia e stampa. Quindi hanno “pensato bene” di togliersi davanti uno dei loro “problemi”.
La correlazione tra Sicilia, mafia e droga
Giuliano fu uno dei primi ad averci visto giusto. Aveva capito che negli anni ’70, la Sicilia era diventata un punto centrale per il traffico internazionale di droga controllato dalla mafia. Qui, il materiale veniva trasformato in eroina, prima ancora di essere spedito negli Stati Uniti.
Collaborò infatti con la polizia statunitense, avviando una delle più grandi indagini della storia contro Cosa Nostra, denominata “Pizza Connection“, alla quale partecipò anche Giovanni Falcone.
La svolta innovativa nei metodi di lavoro
Portò a Palermo dei metodi lavorativi del tutto nuovi da applicare durante le indagini. Negli anni Settanta, effettuare un controllo sui conti bancari o non toccare assolutamente nulla in una scena del crimine, per evitare di alterare o cancellare alcune tracce/prove, veniva considerato innovativo e quasi “avanguardista”.
Giuliano e la mobile indagarono su parecchi episodi avvenuti tra gli anni ’60 e ’70, tre cui quello della scomparsa del giornalista Mauro de Mauro, rapito dalla criminalità organizzata, forse a causa delle sue ricerche sul caso Mattei. Le indagini vennero seguite anche dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
Nel 1978, stava seguendo le indagini sull’omicidio di Di Cristina, considerato uno “spartiacque“, nonché il preludio della cosiddetta “seconda guerra di mafia“. Da qualche mese infatti, il boss mafioso Giuseppe Di Cristina, stava passando ai carabinieri informazioni sulle gerarchie interne di Cosa Nostra.
Nel 1979, poco prima di morire, scoprì insieme alla Squadra Mobile due covi mafiosi. Le operazioni permisero di arrestare molti esponenti della criminalità organizzata. Tra l’altro, proprio in quello stesso frangente, cominciarono per Giuliano ad arrivare delle pesanti minacce.
La sparatoria al bar “Lux” che costò la vita a Boris Giuliano
Boris Giuliano fu ucciso la mattina del 21 luglio 1979, mentre stava pagando il caffè appena bevuto al bar “Lux“, in via Di Blasi a Palermo. Venne raggiunto alle spalle da sette colpi di pistola. Solo anni dopo, venne identificato l’esecutore della sparatoria in Leoluca Bagarella, condannato poi all’ergastolo nel 1997.
Come mandanti dell’omicidio invece furono condannati diversi corleonesi, ovvero Salvatore Riina, Michele Greco, Franceso Madonia, Nenè Geraci, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano e Giuseppe Calò.
L’intervento di Paolo Borsellino
I riconoscimenti per il suo operato arrivarono financo da Paolo Borsellino, che nell’ordinanza di rinvio a giudizio del Maxiprocesso scrisse: “Deve (…) ascriversi ad ennesimo riconoscimento della abilità investigativa di Giuliano se quanto è emerso faticosamente solo adesso, a seguito di indagini istruttorie complesse e defatiganti, era stato da lui esattamente intuito e inquadrato diversi anni prima“.
“Senza che ciò voglia suonare critica ad alcuno, devesi riconoscere che se altri organismi statali avessero adeguatamente compreso e assecondato l’intelligente impegno investigativo del Giuliano, probabilmente le strutture organizzative della mafia non si sarebbero così enormemente potenziate e molti efferati assassini, compreso quello dello stesso Giuliano, non sarebbero stati consumati“.
Oggi
Questa mattina a Messina, città in cui Boris Giuliano si trasferì e nella quale rimase fino al conseguimento della laurea in giurisprudenza, si svolgerà nell’Aula Magna dell’Università, a partire dalle 10:30, un convegno in suo ricordo, dal titolo “Intuizioni e metodi investigativi“.