ITALIA – Oggi, 17 luglio, si celebra la Giornata Mondiale delle Emoji, le ormai onnipresenti icone che popolano ogni tipo di conversazione digitale: da WhatsApp ai commenti sui social, passando per email e persino spot pubblicitari.
Questi piccoli simboli visivi — evoluzione delle vecchie emoticon — sono nati oltre trent’anni fa con l’intento di rendere più chiari ed espressivi i messaggi, aiutando a comunicare emozioni, intenzioni e concetti in modo immediato e spesso giocoso.
Inevitabilmente ciò ha portato a un modo diverso di comunicare, radicalmente opposto a tanti anni fa.
I messaggi scritti, un tempo limitati a lettere o telefonate, si sono trasformati in conversazioni istantanee e globali, dove velocità e immediatezza sono diventate fondamentali. In questo contesto, le emoji hanno giocato un ruolo chiave nel colmare un vuoto comunicativo: quello dell’espressione emotiva, spesso difficile da trasmettere solo con le parole.
Giornata mondiale delle emoji
Per saperne di più, abbiam voluto intervistare la Psicologa Leucata Alessandra, chiedendogli l’impatto di emoji, chat e social nella comunicazione moderna, spesso causa di ansia e diversa percezione della realtà. La dottoressa ha subito evidenziato che l’uso intensivo della messaggistica istantanea (WhatsApp, Telegram, Instagram Direct, Snapchat) è diventata una parte integrante della vita quotidiana degli adolescenti, ridefinendo profondamente i loro codici comunicativi.
Partendo da questa premessa, afferma che “tali strumenti, se da un lato favoriscono la rapidità, la sintesi e la possibilità di mantenere i contatti in modo costante, dall’altro possono portare a una comunicazione meno profonda e più superficiale. Tuttavia, sebbene queste piattaforme nascano con l’obiettivo di facilitare la comunicazione, spesso generano stress, pressione sociale e ansia“.
La comunicazione on-line divenuta come motivo di accettazione
Uno dei mezzi più utilizzati per comunicare in modo istantaneo è l’uso delle chat. Spesso, esse, diventano uno strumento per cercare conferme da parte degli altri. La mancanza di contesto para-verbale, l’ambiguità dei simboli grafici e l’attesa della “spunta blu” o della risposta immediata, attivano meccanismi psicologici legati all’autostima.
Da questo, nasce “l’ansia di rispondere subito ai messaggi e di essere sempre reperibili”. Tutto questo può generare un senso di pressione costante. Si manifesta quando un soggetto teme di deludere l’altro, perdere un’occasione o essere mal interpretati. L’idea di ignorare un messaggio o di non ricevere risposta può generare pensieri ossessivi, insicurezza e agitazione e può essere interpretata come un rifiuto da parte dell’altro.
Un altro fenomeno interessante è il Fear of Missing Out (ovvero la paura di perdersi qualcosa), che è amplificata dalle chat di gruppo. Sapere che altri parlano, si organizzano o si confrontano senza il proprio coinvolgimento può generare stress, gelosia, isolamento emotivo e, nei casi più estremi, attacchi d’ansia.
L’ansia nei giovani scaturita dai social e dalle emoji
L’ansia è uno dei disturbi più comuni tra gli adolescenti, spesso legata all’uso dei social media. Il confronto costante con gli altri e il bisogno di apparire perfetti online possono minare l’autostima e generare insicurezze profonde.
Può nascere fra i giovani anche la dipendenza da internet. Si manifesta con l’incapacità di limitare il tempo trascorso online, l’uso compulsivo delle chat e dei social, e sintomi come irrequietezza, ansia e irritabilità quando si è offline.
Come l’uso della tecnologia abbia modificato il modo di comunicare fra giovani e adulti
Mossi dalle sue parole, abbiam voluto chiedere come negli anni si è modificata la comunicazione fra giovani e adulti, soprattutto influenzati con l’avvento della tecnologia. La dottoressa ha voluto subito sottolineare come negli ultimi decenni i modelli comunicativi si sono profondamente trasformati. La comunicazione tra giovani e adulti (in particolare) è diventata più fluida ma anche più complessa. Si è passati da un dialogo verticale, dove l’adulto deteneva l’autorità comunicativa, a una forma più orizzontale, dove i giovani cercano una autonomia espressiva.
I giovani, parlano per immagini, simboli, meme, mentre gli adulti spesso si muovono su binari più testuali e razionali. Questo cambia radicalmente il tipo di scambio tra le generazioni: “L’adulto non è più il solo detentore del sapere, ma deve essere capace di ascoltare, interpretare e accompagnare“.
Capirsi oggi è più complesso tra emoji e chat
A integrazione di questo pensiero, la professoressa Daniela Lucangeli, psicologa dello sviluppo e docente di Psicologia dell’educazione presso l’Università di Padova, sostiene che la comunicazione tra giovani e adulti si è disallineata sul piano della connessione emotiva.
Per la Lucangeli il problema della comunicazione tra diverse generazioni è prima di tutto emotivo e relazionale non solo linguistico. Negli ultimi anni la sintonizzazione tra giovani e adulti si è indebolita.
Le nuove generazioni vivono in contesti più frammentati, iper-stimolati ma meno capaci di creare alleanze educative solide, in cui la comunicazione sia nutriente non solo informativa. Capirsi, oggi, richiede uno sforzo attivo, una curiosità sincera e una predisposizione all’ascolto empatico.
Comunicazione verbale e para-verbale oggi tra giovani e adulti
Il linguaggio para-verbale è dinamico: gesti rapidi, variazioni di tono, alternanza di registri. Gli adulti tendono invece a usare un linguaggio più articolato, ma anche meno immediato.
La professoressa Daniela Lucangeli sottolinea che la voce dell’adulto ha un potere trasformativo sul cervello del giovane. Attraverso il tono, il ritmo, la modulazione si attivano, infatti, circuiti neuronali legati alla fiducia e alla regolazione emotiva: “La voce che cura”.
In quest’epoca digitale per comunicare efficacemente, non basta parlare, serve entrare nel mondo dell’altro. Infatti, nelle chat manca il linguaggio non verbale (tono, sguardo, espressioni), il che può portare a malintesi, interpretazioni errate e incomprensioni. Gli adolescenti, spesso ancora immaturi dal punto di vista emotivo, possono percepire questi fraintendimenti come rifiuti o minacce.
Comprendere il valore di un silenzio condiviso, di uno sguardo autentico o di un tono di voce accogliente può fare più di mille parole. Secondo la professoressa Lucangeli ciò che manca oggi è una comunicazione affettiva, capace di generare benessere neurobiologico.
Esiste ad oggi un’emergenza comunicativa?
La comunicazione è diventata spesso reattiva, guidata dagli algoritmi e dai contenuti virali. Gran parte dei giovani assorbono linguaggi da influencer, video, challenge e costruiscono lì — spesso inconsapevolmente — parte della propria identità.
Questa realtà ci pone davanti a un rischio, più che a un’emergenza: confondere il parlare con il comunicare. L’autodiagnosi online, i comportamenti imitativi e il senso di disconnessione relazionale dimostrano che oggi il linguaggio può diventare una trappola.
Prevenzione e uso moderato
L’uso delle chat, delle emoji e dei social è parte integrante della vita quotidiana dei giovani, ma va gestito con consapevolezza. È importante promuovere un uso equilibrato della tecnologia, incoraggiando momenti di disconnessione e rafforzando le relazioni umane dirette.
La prevenzione della dipendenza e dei disturbi d’ansia passa attraverso l’educazione, il supporto familiare e scolastico, e l’intervento di professionisti della salute mentale, psicologi e neuropsichiatri quando necessario.