Quando si parla di dipendenze risulta naturale e immediato pensare a quelle da droghe, alcol o tabacco, eppure ce n’è una che, pur essendo altrettanto pericolosa, è spesso sottovalutata. A volte negata, con un totalmente infondato “smetto quando voglio”, e molte altre volte mascherata da un uso apparentemente giustificato, come la necessità di restare connessi per lavoro o comunque per necessità.
Necessità che spesso però non riescono a spiegare la smisurata quantità di ore trascorse davanti al cellulare; la costante tendenza a controllare se ci sono nuove notifiche, a entrare e uscire dalle applicazioni senza nemmeno rendersene conto; l’irritabilità di chi è costretto a rinunciare per qualche ora all’uso dello smartphone, e se ne sente privato come se realmente fosse un’estensione del proprio corpo. Definizione che ormai possiamo decisamente dare per buona, se si pensa all’insorgenza di veri e propri sintomi fisici che si manifestano durante i periodi di astinenza.
La dipendenza da smartphone nel mondo delle “New Addiction”
La dipendenza da smartphone, perché è di questa che si parla, è una delle cosiddette “New Addiction“, le dipendenze non da una sostanza, ma da un comportamento o una pratica lecita e socialmente accettata. Ne costituiscono un esempio anche la dipendenza da lavoro (workaholism), quella da shopping, quella dal sesso e, come accennato sopra, soprattutto quella da Internet. Ciò che rende queste addiction non meno pericolose delle classiche dipendenze è il fatto che spesso, come nel caso del lavoro senza sosta che può indurre a sviluppare il cosiddetto “workaholism”, è il fatto che si tratti di comportamenti non solo accettati, ma soprattutto promossi, dalla società. Cosa che invece, per ovvi motivi, non accade per esempio nel caso delle droghe, nei confronti delle quali sono da sempre imposti rigidi divieti dal punto di vista giuridico.
La sindrome da vibrazione fantasma
Sarà capitato a tutti, almeno una volta, di sentire il telefono vibrare o suonare – come se fosse arrivata una nuova notifica – per poi verificare e rendersi conto che era solo una propria illusione. Bene, non siete gli unici. Si tratta di una pratica più comune di quello che si pensa e che, proprio per questo, è stata etichettata con un nome ben preciso: “sindrome da vibrazione fantasma“.
“Si tratta di un fenomeno sempre più diffuso, legato a un’iperattivazione dell’attenzione focalizzata sullo smartphone”, ha spiegato la psicologa catanese Valentina La Rosa, intervenuta ai microfoni di NewSicilia con l’obiettivo di chiarire i meccanismi che stanno alla base del particolare fenomeno.
“Il cervello, abituato a ricevere costantemente stimoli dal telefono, tende ad ‘anticiparli’ o a interpretarli erroneamente, anche a partire da piccoli movimenti muscolari o variazioni sensoriali, come il contatto dei vestiti con la pelle. Dal punto di vista psicologico, la sindrome della vibrazione fantasma è un segnale di ipercoinvolgimento emotivo e cognitivo: lo smartphone diventa una sorta di ‘protesi relazionale’ dalla quale è difficile separarsi, anche senza esserne consapevoli”.
La parola alla dott.ssa Valentina La Rosa
Oltre che della sindrome da vibrazione fantasma, la psicologa La Rosa ha fornito un quadro completo ed esaustivo anche del più generico fenomeno di dipendenza da smartphone.
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Quali sintomi sono indicativi di una dipendenza da smartphone? Come distinguere la semplice abitudine, comune a tutti, da una vera e propria dipendenza?
“Oggi è normale utilizzare spesso lo smartphone per lavoro, studio o socialità. Tuttavia, quando l’uso diventa eccessivo e incontrollato, si può parlare di una forma di dipendenza comportamentale. I segnali principali sono: bisogno costante di controllare lo smartphone, anche in assenza di notifiche; ansia o irritabilità se non si ha il telefono a portata di mano; difficoltà a concentrarsi senza interrompersi per controllarlo; perdita di sonno a causa dell’uso notturno; trascurare attività importanti (studio, lavoro, relazioni) a causa del tempo trascorso online”, ha spiegato la dott.ssa in riferimento ai segnali da tenere in considerazione.
“La differenza tra abitudine e dipendenza – aggiunge l’esperta – sta soprattutto nel grado di controllo: se una persona non riesce a ridurre il tempo di utilizzo, anche quando ne riconosce gli effetti negativi, è un segnale da non sottovalutare”.
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Effetti a breve e a lungo termine: quali bisogna tenere in considerazione?
“A breve termine, un uso eccessivo dello smartphone può causare affaticamento visivo, mal di testa, disturbi del sonno, calo dell’attenzione e aumento dell’irritabilità. Anche la qualità delle relazioni può risentirne, con una tendenza crescente all’isolamento o alla comunicazione superficiale.
Nel lungo periodo, invece, possono manifestarsi sintomi più strutturati: peggioramento dell’umore, riduzione dell’empatia, dipendenza psicologica e, nei più giovani, effetti negativi sullo sviluppo cognitivo. In particolare, un’esposizione prolungata agli schermi in età infantile e adolescenziale può interferire con lo sviluppo del linguaggio, della memoria e delle capacità di regolazione emotiva.
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Quali sono i possibili rimedi a un uso eccessivo dello smartphone? Quali consigli pratici si sente di dare per favorire il distacco dallo schermo?
“Per contrastare l’uso eccessivo dello smartphone, è importante procedere gradualmente, cercando di costruire nuove abitudini e dedicando più tempo ad attività che promuovono il benessere psicologico. Un primo passo utile può essere quello di individuare dei momenti o degli ambienti durante la giornata in cui evitare del tutto l’uso del telefono, come ad esempio a tavola o in camera da letto. Esistono anche strumenti digitali, come app e impostazioni automatiche, che aiutano a monitorare il tempo trascorso davanti allo schermo e a porre dei limiti quotidiani.
Può essere molto efficace sostituire il tempo trascorso sullo smartphone con attività alternative, come la lettura, l’attività fisica, il contatto con la natura, le relazioni interpersonali o le esperienze creative. Un altro aspetto chiave è riattivare la consapevolezza: chiedersi con onestà perché si prende in mano il telefono in un determinato momento e distinguere un bisogno reale da un automatismo può fare la differenza. Infine, se in casa ci sono bambini o adolescenti – conclude la dott.ssa La Rosa – è essenziale educarli a un uso equilibrato del digitale, anche attraverso l’esempio degli adulti che restano i primi modelli di riferimento”.